Gli uomini per la loro condizione materiale vivono nel costante confine tra luce e tenebra: l'equilibrio appartiene ai saggi e la saggezza appartiene purtroppo a pochi.
Vi sono antiche tradizioni che tracciano sentieri per una crescita sapienziale dell'uomo, affinché prevalga in lui forza, bellezza, sapienza.
L'equilibrio tra verità e giustizia è nel divenire umano molto labile in quanto entrambi hanno peso e misura dettato dalla cultura dominante.
Il neoplatonismo, l’ermetismo, la Qabalah e la tradizione ebraica, la gnosticismo.. hanno costruito nel tempo gli uomini del dubbio, coloro che hanno fatto della ricerca la ragione della propria esistenza, fino a subire emarginazione e patibolo.
La bellezza esiste nel vedere la bellezza, aprendosi a ciò che di buono vive nell'altro da noi.
Vi sono strumenti di conoscenza che sono ben oltre la misera condizione umana, agli uomini di buona volontà la capacità di saperli cogliere, vivificandoli nel proprio animo.
Tanti sono i viandanti, pochissimi i veri pellegrini della conoscenza.
Dare un senso alla vita significa
porsi le fatidiche domande: Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo?
Ovvero: “Cosa ero”? Chi sono Ora? Ché cosa
sarò? Cosa diventerò?
Dare un senso esoterico alla morte,
insita nella vita apparente, vuol dire cercare con queste domande di dare luce
viva alla fiamma del Fuoco Sacro che arde in ognuno di noi: vivere il proprio
presente nella consapevolezza della nostra Origine e del nostro Essere finale e
scoprire che l’intima natura di questa energia è “essenza unica”,
indistruttibile che ricerca nella materia l’alimento esperienziale per la
propria compiutezza.
“… il serpente le insegnò la generazione (sporà) della concupiscenza
(epithymia) della contaminazione e della
distruzione, poiché queste cose gli sono utili….”(Vangelo Apocrifo di Giovanni)
La giusta osservazione del proprio sé
può condurre, se praticata con metodo, a percepire e forse conoscere pienamente,
la propria Universalità posta al di là del Tempo e del Mondo, in un eterno
ritorno.
Un percorso esoterico per altro ben tracciato
dai simboli e rituali del mondo Iniziatico.
Dall’antico Egitto: “Io sono partito da Osiride e a Osiride
debbo ritornare”; all’A-Ω della tradizione
giudaico-cristiana; al’Uoroborus di quella alchemica, per tralasciare il ricco
simbolismo dei nostro tempio.
Per i massoni, al di là delle più
estreme aspirazioni esoteriche insite nei gradi sublimi, dare un senso alla
nostra vita significa innanzitutto essere capaci di “scavare
oscure prigioni al vizio e lavorare al bene ed al progresso dell’umanità” ovvero
essere Uomini “Liberi e di Buoni Costumi”,
in grado di saper agire con “Giustizia ed
Equilibrio” nel nostro quotidiano divenire.
Ma il percorso iniziatico è arduo e
pieno di ostacoli, e la nostra incompiutezza e la generale miseria umana spesso
ci sconforta e ci addolora.
Da un libretto alchemico del XVI
secolo: “Di color che non sanno quel che
possa o non possa l’arte, e vanno ciechi perdendo e roba, e tempo, e vita”.
Che la maggior parte dell’umana gente
non possegga gli strumenti (talenti) necessari a comprendere che la loro vita
materiale è solo ombra di una vita Universale, non può di certo indurre stupore
in coloro che hanno intrapreso la via iniziatica.
Come non pone meraviglia la necessità
di prevedere per questi, che possiamo
definire populus-vulgus,
regole exoteriche in grado di dare un indirizzo verticale al loro divenire
materiale.
D’altro canto gli Uomini dotati di
sensibilità, mente, intelligenza; capaci di sentire, riconoscere, interpretare,
rigenerare, direzionare, il Fuoco Sacro che arde nell’intimo di questa nostra
natura materiale, sono certamente pochi.
Ancor più rari sono gli Eletti, i “Monacòs” i “realizzati: coloro che, consapevoli
dell’opera del Demiurgo, hanno raggiunto la Luce della Grande Madre.
Quello che provoca dispiacere e
talvolta dolore è piuttosto constatare come uomini chiamati, per ruolo,
professione o missione; a gestire, governare, educare, l’umana gente; per
quanto dotati di tutti i talenti necessari alla propria elevazione Umana, siano
in realtà dominati dalle potenze ctonie dei propri metalli, sì da perdersi nel
buia caverna delle miserie di un divenire materiale, con grave danno alla
stessa Umanità.
“Comparvi
davanti al trono dell’Onnipotenza, sul quale troneggiava la Giustizia e fuori
dalle tenebre vidi la
Superstizione , la
Tirannia , l’Ipocrisia, La Barbarie: Cinque furie che
assassinano l’innocenza”. (Pistis Sophia)
Gli eventi della cronaca quotidianamente
ci raccontano di uomini chiamati a rispondere delle proprie azioni per
l’incapacità di domare i propri istinti materiali; ed è grande il rammarico nel
prendere atto di come il fuoco fatuo delle passioni possa renderci facili prede
del caos dell’energia indifferenziata; ed è peraltro inimmaginabile che tale
rappresentanti del genere umano non
abbiano mai avuto, nel loro divenire, il sentore di chi erano e di cosa saranno
e non abbiano percepito l’incompiutezza del proprio essere attuale.
Uomini che, per quanto sicuramente dotati di
talenti, tanto da rappresentare in alcuni casi i vertici dell’intellighenzia di
una nazione, si trovano ad essere inevitabilmente divorati dalle fauci di quel
coccodrillo vorace della natura incompiuta dell’uomo.
Forse che pensiero, sentimento,
riflessione, intelletto, ragionamento, ovvero coscienza, cuore, riflessione,
anche se modulati in modo diverso in ciascun individuo, trovino come un veto filogenetico per il
giusto compimento in termini di equilibrio tra essi?
L’osservazione di questi eventi ed il
conseguente dubbio sulla reale disponibilità dei talenti umani, lascerebbe ogni
uomo razionale nel pieno sconforto rispetto alla possibilità di riuscire a
migliorare se stesso.
Ed allora è lecito domandarsi: se tali
potenzialità sono insite nell’uomo quale è l’elemento che catalizza il loro
divenire verso la via “materiale” piuttosto che in quella “intellettiva
superiore”?
Le risposte non possono che essere
ricercate in noi stessi, in ragione della stessa esperienza esoterica condotta in
qualità di massoni e, affidandoci con forza e bellezza alla dea Minerva, visitiamo
il nostro intimo divenire iniziatico.
Ed ecco che, per l’animo sensibile, il
senso di incompiutezza appare inevitabile.
L’ansia del tempo perso alita pesante in
rapporto alla sensazione di vacuità.
Eppure sono stati affrontati con
entusiasmo i gradini delle conoscenza esoterica, tante le letture e profondi gli
studi, più volte si è affrontato il drago interiore fino a domarlo, intensa è
stata l’ascesi meditativa fin’anche percepire l’Unità dell’essere universale,
ma… il senso di incompiutezza resta sempre vivo.
Solo l’esperienza di “vera
iniziazione” che porta a percepire lo splendore della vera Luce in comunione
con l’immensità dell’universo a-corporale, segna l’animo predisposto, agendo
immutata ad animare l’eros in agape.
Ci narra Dante nel XXXIII canto del Paradiso all’orché si trova a vivere la Luce del Fuoco Sacro
Universale: “Se non che la mia mente fu
percossa da un fulgore in che sua voglia venne. … sì come rota ch'igualmente è
mossa, l'amor
che move il sole e l'altre stelle.
E’ proprio In ragione di quel senso
di incompiutezza che l’iniziato vaga alla ricerca della strada perduta con la
consapevolezza di quanto sia labile, per la ragione del proprio essere fisico,
l’Attenzione al proprio Presente Infinito. Il dolore ed il dramma che si prova
in questo vagare lo esprime ancora Dante nel primo canto dell’Inferno: “Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi
ritrovai per una selva oscura, che la diritta via era smarrita…
Tant'è amara che poco è più morte”
La via orizzontale rappresenta il
naturale e facile percorso, soprattutto per chi non ha vissuto la “Vera iniziazione”,
divenendo invece triste condizione per chi ha in sé l’esperienza dell’Uno Universale.
Essa è la via delle circonvoluzioni
mentali automatiche ed auto-generanti; dell’istinto senza altra azione
superiore di indirizzo (Epinoia), non
occorre sforzo per percorrerla, essa è alimentata dal fuoco fatuo dell’entropia,
del caos.
Anche questo automatismo
inconsapevole lo ritroviamo espresso nella Divina Commedia a proposito della
“selva oscura”: “io non so ben ridir com’i
v’entrai, tant’era pien di sonno a quel punto che la verace via abbandonai…”
Il processo entropico, con la sua
fatua e rapida combustione, può giungere persino a soffocare-addormentare il
Nous-Luce, primo movens del
risveglio, con inevitabili effetti sullo stato di coscienza.
In questo modo il rischio è quello di
percepire il proprio Io Individuato come unico vero Io, dimenticando il legame
con il proprio essere ontogenico,
primordiale, vivificato dalla Luce Sacra dell’Uno Universale.
E’ come se ci identificassimo esclusivamente
con la nostra immagine riflessa in uno specchio; un immagine che ci assomiglia,
ma che non è neanche la più pallida parvenza del nostro vero essere; e persi
nell’apparenza dell’essere ci si ritrova a divenire ciò che la mente ci impone
di pensare.
E’ un meccanismo naturale conosciuto
come spirale della dipendenza: desiderio, istinto di appagamento, giustificazione
dell’atto, atto, gratificazione psico-fisica (piacere), degrado-morte
dell’Attenzione o sonno, nuovo desiderio di provare tale gratificazione.
Per interrompere questo circolo occorre
che: “Il pensiero non sia asservito; per
questo è necessario che si distacchi da tutte le associazioni che lo tengono
prigioniero, passivo; occorre che tagli i fili che lo tengono legato a tutte
queste immagini a tutte queste forme; occorre che si liberi dall’attrazione
costante del sentimento. Occorre che il pensiero senta il potere che ha di
resistere a questa attrazione, di vederlo mentre esso stesso si eleva
progressivamente al di sopra. Ed in questo movimento il pensiero diviene
attivo, si attiva purificandosi; acquista uno scopo, uno scopo unico” da:
“Lo Sguardo” di Jeanne de Salzman.
Se tale percorso può di fatto
rappresentare un valido strumento per il mondo profano, nel massone assume una valenza
qualitativamente diversa e ben più profonda.
Ci dice Giuseppe Balsamo, Conte di
Conte di Cagliostro:
“Non
sono di alcun epoca, né di alcun luogo, al di fuori del tempo e dello spazio il
mio essere spirituale vive la sua eterna esistenza, e se immergendomi nel mio
pensiero risalendo il corso delle età , se distendo il mio spirito verso un
mondo di esistenza lontano da quello che percepite, divengo colui che desidero,
partecipando coscientemente all’essere assoluto, regolo la mia azione secondo
l’ambiente che mi circonda. Il mio nome è quello della mia funzione, perché
sono libero..”
Ma ancor più forti sono i riferimenti
simbolici dei rituali massonici di ogni ordine e grado, ognuno con una valenza
qualitativa sua propria, ma univoci nell’indicare la strada.
Un
percorso, quello massonico, che conduce il pro-fano (colui che sente il
richiamo della sacralità del Tempio) in una strada realizzativa che ha come
fine la cstr5uzsione dell’Uomo, di una sé non fagocitato dalla bramosia
dell’avere ma da bensì dell’essere; di un uomo che fa del dubbio il fondamento
per la propria crescita mentale e animica, nella consapevolezza della grande
scintilla spirituale presente in ogni cosa.
“L’iniziato
nel cammino per il superamento costante e razionale degli ostacoli frapposti
dalle negazioni dello spirito, consentono di trovare in se stesso la Gnosi – Conoscenza” e di
conquistarla; solo allora cadranno come per incanto, le due colonne del tempio.
Donde l’equilibrio capace di dominare un mondo interiore assillato dal
contrasto continuo fra libertà e necessità”
Non è quindi privo di importanza
l’effettiva realizzazione di questo processo che passa attraverso l’analisi del nostro essere in
relazione a tali affermazioni.
L’iniziazione al percorso massonico
ed il conseguente progredire nella scala iniziatica deve comunque necessariamente
prevedere, una rigorosa valutazione sulla reale consapevolezza in merito alla
propria reale tensione emotiva per la “trasformazione creativa interiore del
proprio essere” .
Al di là del raggiungimento dell’eccezionale
stato di Monacòs, connessa ad un
profondo percorso di Gnosi, (ne è simbolo
la Conoscenza dei geroglifici che riassumono tutta la Grande Arte … ), il
nostro procedere trova nelle affermazioni rituali anche precisi e più semplici riferimenti
di natura eXoterica (l’acquisizione della
verità necessita di alcune regole di vita).
Rilevanti sono i richiami: alla
pratica di un lavoro costante, perché l’incostanza
è la tomba di ogni ideale; alla fiducia in se stessi, alla pazienza e al
coraggio, all’Aristocrazia di pensiero, alla temperanza dei pensieri e
alla sobrietà delle azioni.
Particolarmente significativo è il
seguente passaggio: Non permettete alle
vostre passioni di prendere il sopravvento sulla vostra ragione perché
perdereste il senso dell’equilibrio e della giustizia. Usate delle cose in
forza del vostro potere di usarle e non arrivate mai alla sazietà di nessuna
cosa che desiderate… Non desiderate la roba altrui per vanità ed utilità vostra.
Potrebbe anche risultare sorprendente trovare
in una istituzione iniziatica e quindi ESOTERICA, elementi esplicitamente
EXOTERICI, una sorta di richiamo alle virtù cardinali e alla tavola della Legge
Mosaica, ma per chi ha intrapreso lo studio delle Arti Sacre è facile
comprendere come nei gradi elevati ESOTERISMO ED EXOTERISMO trovino un
reciproco compimento, dove Noùs ontogenica
e filogenica si incontrano determinando nell’individuo finalizzato (EPINOIOA) un radicale cambiamento nel
modo di pensare, giudicare, di sentire (METANOIA).
Per il Bene dell’Umanità, indipendentemente
dai processi iniziatici, tale condizione dovrebbe comunque trovare una
risoluzione soprattutto in quelle persone impegnate con ruoli di responsabilità
sociale.
Fondamentale dovrebbe essere il
processo di selezione di dette figure, ma anche quello educativo con la
diffusione di “scuole di vita” dove
indirizzare i più dotati.
Una sorta di percorso psicoanalitico
che inizia in giovane età, nelle scuole, nelle Università; è infatti da queste
fondamentali istituzioni che deve partire la selezione, sotto l’occhio vigile
di Uomini Liberi e di Buoni Costumi.
Indipendentemente da questo disegno,
forse eccessivamente ampio ed utopico, per i Massoni, la prima vera selezione
dovrebbe avvenire all’interno dei propri Templi ,scegliendo con la massima
attenzione i neofiti e, con rigore e fermezza, condurli ad ESSERE “veri Maestri”
che sappiano parlare sempre e solo al
nucleo più intimo e vero dell’Uomo a quell’essenza inespressa che è lì pronta
al lavoro interiore.
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