di Agostino Agostini Venerosi della Seta
Vorrei aggiungere in questo blog qualche nota
al bel saggio di Massimo Agostini "Et in Arcadia Ego, i miti dei Popolidel Mare" e suggerire una ipotesi sul carme di Ausonio del IV sec dC
"(...) farò fra questi rustici la sepoltura tua famosa e celebre. Et da'
monti Thoscani et da' Ligustici verran Pastori (...) Et in Arcadia Ego"
oppure una suggestione di Et in Arcadia ego", anagramma di "Arcam Dei
Tango Iesu", che significherebbe "Io tocco la tomba di Gesù"
ovvero il sarcofago di Les Pontils, vicino Rennes-le-Château, ritratto nel
quadro di Giovanni Barbieri, detto il Guercino.
Guercino: Arcam Dei Tango Iesu |
Aper (da cui Apro-niani, probabile fondatore
di Ivry in Normandia) è il condottiero del "cinghiale bianco"
(animale totem) al quale è legata anche la fondazione della città dei Pelasgi
(Peleset) Alfei, ovvero Pisa.
I volti dei Pelasgi Alfei, popolo del mare
che nel 1007 fondarono lo "Stato dei Mari" (erroneamente detta
Repubblica Marinara), sono scolpiti ai quattro angoli di numerosi coperchi
lapidari al cimitero monumentale di Pisa, rivolti sempre verso i quattro punti cardinali
a testimoniare che il loro raggio di navigazione toccava i quattro angoli della
terra.
Sarcofago utilizzato a Pisa nel 1076 per seppellire la comitissa di Canossa, Beatrice di Lotaringia |
I Pastori d'Arcadia sottolineavano che i loro volti presentavano
"(..)caratteri forti, capelli lunghi come i nordici, occhi infuocati
d'ardore con bocche che sembrano urlare animalescamente in una scena di
battaglia: una potente forza spirituale di cui erano intrisi e che sfigurava i
loro volti in "connessione" con la divinità".
Arieti stilizzati come tatuaggi, simboli mai
visti da nessuna altra parte che si ripetono sulle fiancate di sarcofagi
definiti erroneamente etrusco-romani e che i Pastori Alfei sostenevano fossero
a Pisa probabilmente da sempre.
Sarcofago del giurista ed auguro pisano Minitius Natalis, citato nelle lettere di Plinius il giovane (Plin.Ep.vii.12,). |
Sarcofagi che vennero riutilizzati più volte
in varie epoche dai cittadini pisani che venivano sepolti nel Sacro Recinto,
come venne fatto del resto sin dai primi tempi per il "re del
tridente" e la sua cerchia di uomini e donne disposti attorno a lui dentro
cerchi più piccoli.
I Pastori d'Arcadia immaginavano che proprio
i pisani arcaici e i sardi fossero due delle numerose etnie che formavano il
mitico popolo del mare.
In un tempo in cui non c'erano limiti di
colonne sul mare, i popoli di naviganti, detti pelasgi (peleset), furono i
mitici eroi del vello d'oro.
Pelasgi Alfei avevano tre categorie sociali
distinte: - gli sfingidi, forse rappresentanti del potere nobiliare
sacerdotale, - gli opliti, difensori delle sacre pietre, - gli OMphalos o
guerrieri dell'ariete, quelli del vello d'oro.
Non avrebbero avuto scrittura e
probabilmente usavano poco la lingua parlata, ma in compenso avevano una
ricchissima simbologia che per loro era un vero e proprio linguaggio che
serviva a comunicare.
II pisani conoscevano bene questo linguaggio, anche intorno
al mille, infatti la piazza del Duomo fu interamente dedicata all'ariete, alla
costellazione che guidava i naviganti, impressa nella posizione dei tre
elementi: Battistero, Cattedrale e Torre.
Questo progetto era chiaro ai Pastori Alfei (e a poche altre persone, sconosciuto ai più) tra la fine del cinquecento e l'inizio del novecento ed ancora allo storico tedesco Rudolf Borchardt nel suo saggio "Pisa, solitudine di un impero" (volume pubblicato postumo nel 1977): Pisa, "Novella Roma", era la nuova capitale dell'Impero. La sua posizione centrale nel Mediterraneo; la sua potenza navale con legni solidi e agili, capaci di spostarsi velocemente in ogni luogo dell'Impero; la sua grandezza (ricordiamo che le mura di Cocco Griffi, iniziate nel 1115, saranno, non a caso, le più estese del Medioevo); la sua inespugnabilità con le mura in solido verrucano che neppure i cannoni dell'esercito franco-fiorentino riuscirono a scalfire tre secoli dopo, e fiumi e paludi che rendevano difficoltoso qualsiasi tentativo di conquistare la città da terra; tutte queste caratteristiche spinsero i potenti di quel secolo e di quello successivo a scegliere Pisa come nuova capitale dell'Impero.
La piazza del Duomo è quindi una dedica alla costellazione
dell'ariete e infatti la sua edificazione inizia con la fondazione della
Cattedrale, dedicata a Maria, il 25 marzo 1063, giorno in cui il sole entra in
ariete e inizia l'anno secondo l'antico calendario pisano.
Anche sulle sculture e nelle architetture che in Pisa
ornavano tutte le finestre con bifore, trifore e quadrifore sono stilizzate ad
ariete, simbolo che imprime forza, slancio ed energia vitale e per questo
motivo veniva usato come sacro.
Sarà solamente un caso che osservando le facciate esterne
di tutti i monumenti e palazzi del cosiddetto Romanico pisano si riconosce nei
motivi architettonici decorativi il simbolo astrologico dell'Ariete? Il
susseguirsi di archetti ciechi, di forma semicircolare, e di colonnine dritte
interposte tra essi richiama, in effetti, il ben noto simbolo formato da uno
stelo verticale sormontato dai due corni arcuati!
Il Romanico pisano si sviluppò dalla seconda metà dell'XI
alla prima del XIII secolo, all'apice della potenza dello Stato dei Mari; era
appena finito il papato del pisano Bernardo (Eugenio III), discendente dei
normanni Pagano da Corsena (oggi Bagni di Lucca), ovvero di Alberto (Aubert de
Cravent) e di Aubree de Bayeux (contessa d’Ivry), e San Bernardo stesso
legittimava il disegno di Pisa e dell'Impero Alfeo esclamando: "adsumitur
Pisa in locum Romae!" (si scelga Pisa al posto di Roma!). Questo progetto era chiaro ai Pastori Alfei (e a poche altre persone, sconosciuto ai più) tra la fine del cinquecento e l'inizio del novecento ed ancora allo storico tedesco Rudolf Borchardt nel suo saggio "Pisa, solitudine di un impero" (volume pubblicato postumo nel 1977): Pisa, "Novella Roma", era la nuova capitale dell'Impero. La sua posizione centrale nel Mediterraneo; la sua potenza navale con legni solidi e agili, capaci di spostarsi velocemente in ogni luogo dell'Impero; la sua grandezza (ricordiamo che le mura di Cocco Griffi, iniziate nel 1115, saranno, non a caso, le più estese del Medioevo); la sua inespugnabilità con le mura in solido verrucano che neppure i cannoni dell'esercito franco-fiorentino riuscirono a scalfire tre secoli dopo, e fiumi e paludi che rendevano difficoltoso qualsiasi tentativo di conquistare la città da terra; tutte queste caratteristiche spinsero i potenti di quel secolo e di quello successivo a scegliere Pisa come nuova capitale dell'Impero.
Architetture del Romanico pisano con il simbolo dell'ariete |
Piazza del Duomo e la costellazione dell'ariete secondo lo studio di Massimo Adami "Pisa città dell'Ariete". |
Le Danaidi di John William Waterhouse,1902 |
York come Ivry deriva da "Eburiacum", luogo degli Eburones, detti talvolta Biturigi o Biturgi (in lingua latina Bituriges), ovvero il "popolo dei tassi" (Cesare, De bello gallico, VI, 16-28), che fu un'antica tribù celtica, abitante nelle fertilissime campagne al centro della Gallia. I Biturigi si definivano "i re del mondo": il termine era fatto derivare da bitu (o byth, byd), che significa "mondo", e dal plurale della parola rix, rigi, "re". Questo forse è il motivo per cui schiere di intellettuali (che si definivano Pastori Arcadi della Colonia Alfea) si siano avvicendati e affannati nella ricerca dei fili conduttori e degli indizi di una storia leggendaria tra la fine cinquecento e l'inizio del novecento.
Agostino Agostini Venerosi della Seta