sabato 31 maggio 2025

Cristina di Svezia e la libertà: un racconto di storia, esoterismo e rinascita dell’Accademia degli Scomposti di Fano

di Massimo Agostini

Nella suggestiva cornice del Palazzo Castracane degli Antelimelli di Fano, e precisamente nella “sala de Sole” dove la regina Cristina di Svezia fu ospitata durante il suo viaggio verso Roma, si è svolta la presentazione del libro di Annarosa Mattei, La regina che amava la libertà (Salani, 2023). 

Un evento di forte valore simbolico e culturale, che ha segnato anche il ritorno dell’Accademia degli Scomposti sulla scena pubblica fanese dopo un lungo periodo di silenzio, sapendo unire, tramite un sottile filo, una regina nordica del Seicento, un palazzo fanese dal fascino antico e un’accademia rinata dalle ceneri del tempo: quel filo si chiama libertà. E proprio il concetto di libertà è stato il cuore pulsante della presentazione del libro di Annarosa Mattei,


L’evento ha rappresentato molto più di una semplice presentazione letteraria: è stato il momento fondativo di una nuova stagione per l’Accademia degli Scomposti, storica istituzione fanese dalle radici seicentesche, capace oggi di ritrovare voce e visione, grazie all’impegno del Presidente Eros Manocchi, del Presidente Onorario, conte Lupo Bracci, figura chiave della rinascita dell’Accademia negli anni ’90 – e alla partecipazione di intellettuali e studiosi.


Non è stata casuale la scelta del luogo della presentazione: proprio in questo palazzo la regina sostò nel suo passaggio attraverso le Marche, accolta con onori. A Pesaro, incontrò due giovani, tra cui Francesco Maria Santinelli, figura affascinante e misteriosa, alchimista e intellettuale, che la seguì poi a Roma. Santinelli era membro della Accademia degli Scomposti, un’istituzione fanese fondata nel 1641, dal carattere esoterico e filosofico, il cui simbolo – sette tubi di canocchiale scomposto sotto le ali del drago – allude alla ricerca delle verità più profonde e nascoste attraverso lo studio delle arti e delle scienze.

La serata si è aperta con i saluti istituzionali dell’Assessore alla Cultura del Comune di Fano, Lucia Tarsi, che ha sottolineato l’importanza dell’evento per la valorizzazione della storia culturale cittadina e del patrimonio immateriale rappresentato da Cristina e dalla sua straordinaria vicenda.

È intervenuto quindi il Presidente dell’Accademia degli Scomposti, Eros Manocchi, che ha presentato l’incontro come l’avvio di una nuova stagione culturale per l’Accademia, raccontandone le origini e le trasformazioni. A seguire, il Presidente Onorario, Conte Lupo Bracci, ha ricostruito le fasi salienti della sua lunga storia: dalla fondazione nel 1641, alla fusione con l’Accademia Fanestre, alla successiva trasformazione nel Circolo Cittadino, fino alla riunificazione tra le due identità, avvenuta grazie alla sua opera, quale vero artefice della rinascita moderna dell’Accademia.

Con un breve intervento, Alessandro Patricola ha evocato la funzione e il simbolismo dell’Accademia: un canocchiale scomposto in sette tubi, protetto dalle ali di un drago, emblema di una conoscenza che non è mai lineare, ma che si svela attraverso la scomposizione, l’analisi e lo studio delle arti – anche quelle occulte.


L’Accademia, con il suo motto composita ad seposita, ha voluto celebrare non solo il ritorno delle proprie attività, ma anche il proprio spirito originario: una visione della conoscenza come percorso di scomposizione e ricomposizione, in perfetta sintonia con la figura di Cristina, donna che ha scomposto le convenzioni del suo tempo per ricomporre un’identità libera e fuori dagli schemi.

In quolesto contesto ricco di storia e significati, si è inserito perfettamente il libro di Annarosa Mattei, introdotto dal noto storico dell’arte Claudio Strinati, che ha riletto la figura di Cristina come un crocevia tra mondi: regina e intellettuale, protestante e cattolica, svedese e romana, donna in una condizione “virile”, protagonista in un secolo di trasformazioni profonde. Cristina, che abdica al trono nel 1654 e si converte al cattolicesimo l’anno successivo, percorre l’Europa con il carisma di chi rifiuta i vincoli della norma e abbraccia una visione altra, più ampia, più inquieta.

Strinati, nel suo intervento, ha evocato il concetto di libertà come cifra esistenziale della sovrana, citando un celebre verso dantesco – «Libertà va cercando, ch’è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta» – per sottolineare come la scelta di Cristina non fosse solo politica o personale, ma radicalmente etica, assoluta, quasi tragica, come quella degli eroi.


Annarosa Mattei, con passione e rigore, ha raccontato come la sovrana svedese abbia saputo trasformare la propria condizione regale in uno strumento di emancipazione: il rifiuto del matrimonio, la passione per la cultura, la libertà come scelta radicale sono tutti tratti di una personalità fuori dal comune, che – sebbene sostenuta da privilegi – si spinse ben oltre i confini imposti dal suo tempo.

Durante il viaggio verso Roma, Cristina passò per le Marche, fermandosi a Pesaro, dove incontrò due giovani locali, tra cui Francesco Maria Santinelli, alchimista e intellettuale, che da allora la seguì fedelmente e divenne figura centrale della sua corte romana. Santinelli, non a caso, era membro dell’Accademia degli Scomposti: un dettaglio che chiude il cerchio simbolico della serata fanese, dove storia, cultura, spiritualità e identità si sono intrecciate in un racconto di straordinaria attualità.

In tempi in cui il concetto di libertà personale e di autodeterminazione femminile è al centro del dibattito sociale, la vicenda di Cristina di Svezia – riletta da Mattei con uno sguardo acuto e moderno – ci ricorda che anche nei secoli più oscuri, alcune donne hanno saputo abitare il proprio tempo senza esserne prigioniere.

E forse è proprio questo, oggi, il lascito più forte della serata e della regina: la libertà come arte, come sapere, come rottura, come possibilità. Ed è questo anche il messaggio con cui l’Accademia degli Scomposti si riaffaccia al panorama culturale di Fano: con uno sguardo “scomposto”, aperto, profondo. Come attraverso un canocchiale antico che punta dritto verso il futuro.



venerdì 30 maggio 2025

L’ultima cena nel Duomo di Fano e le tre vie del Cristianesimo

 Le tre vie del Cristianesimo primitivo

Di Massimo Agostini

Un viaggio tra simboli e silenzi nell’Ultima Cena del Duomo di Fano

C’è un momento, entrando nel Duomo di Fano, in cui il silenzio ti sorprende. Non è solo il silenzio della pietra o della navata — è un silenzio più profondo, che ti osserva da un dipinto.

L’Ultima Cena. Un’opera che, a prima vista, sembra seguire i canoni della tradizione. Ma guardando con più attenzione, qualcosa si muove tra le pieghe delle vesti, tra i volti, tra gli sguardi e all’improvviso, come in un sogno, appare una mia personale visione.




Tre figure, tre vie

1. Giacomo il Giusto – La via della radice ebraica, per quanto non annoverato dal canone come Apistolo.

A sinistra di Gesù (per chi guarda), un apostolo con le mani giunte.
Non è l’atteggiamento impulsivo di Pietro, né la tenerezza del discepolo amato. È devozione profonda, interiore.
Questa figura, nella mia visione, diviene così espressione simbolica  di Giacomo il Giusto, fratello del Signore, detto anche il giusto per la sua rettitudine, secondo le fonti antiche.

Giacomo fu il leader della comunità cristiana di Gerusalemme, un punto di riferimento per i giudeo-cristiani, rispettato anche tra i farisei e gli ebrei osservanti.

Predicava nel Tempio di Gerusalemme, era fedele alla Torah, e incarnava una forma di cristianesimo in continuità con l’ebraismo, non ancora distaccata dalla sua matrice.

Paolo lo chiama, assieme a Pietro e Giovanni, una delle “colonne” della Chiesa (Galati 2,9)

Il suo martirio, avvenuto poco prima della distruzione del Tempio nel 70 d.C., segnò anche la fine simbolica di quella prima comunità cristiana delle origini.

Nel dipinto, Giacomo il Giusto è il ponte tra la memoria storica e la fedeltà profetica, tra il Cristo storico e la radice da cui tutto è germogliato.

2. San Pietro – La via dell’istituzione

Accanto a Giacomo, ancora più a sinistra, una figura si distingue: un uomo che si tocca il petto con il dito. Il gesto è forte, identitario: “Sono io”.

È Pietro, la “pietra” sulla quale Gesù fonderà la sua Chiesa. Colui che, dopo il trauma del rinnegamento, diventerà guida e struttura, e con Paolo porterà il Vangelo ai gentili.

Nel quadro, Pietro è l’emblema della Chiesa istituzionale, quella che prenderà casa a Roma.

3. Maria Maddalena – La via del cuore e del mistero

Secondo la tradizione della Leggenda di Giacomo da Varazze (Jacques de Voragine) e la celebre Legenda Aurea, Maria Maddalena sarebbe approdata nel sud della Francia dopo la morte e resurrezione di Gesù. Insieme ad altri seguaci, sarebbe sbarcata a Saintes-Maries-de-la-Mer, in Provenza, dove avrebbe proseguito la sua predicazione e vita spirituale.

Questa narrazione ha dato origine a un culto diffuso nel Medioevo, legato alla figura della Maddalena non più come peccatrice redenta, ma come guida sapienziale e profetica. In queste terre occidentali si formarono comunità che onoravano la sua memoria come fondatrice spirituale. Alcuni hanno visto in questa linea una continuità con correnti eterodosse come i Catari, che attribuivano centralità alla dimensione interiore, al femminino sacro, e alla trasmissione diretta della conoscenza del Cristo.

La figura di Maria Maddalena, quindi, si distacca dalla sua marginalità canonica per divenire simbolo di una Chiesa del cuore, fondata sull’esperienza e sulla rivelazione, non sul potere.

Dalla parte opposta, alla destra di Gesù, la figura che più suscita domande: giovane, delicata, vestita di rosso e verde. Non il consueto Giovanni, ma forse Maria Maddalena.

Simbolo del femminino sacro, testimone della Resurrezione, Maddalena è colei che “ha visto”, prima degli altri. Secondo alcune tradizioni, avrebbe portato la parola nel sud della Francia, dando origine a un cristianesimo mistico e interiore.

Nel dipinto, il suo volto e la sua postura suggeriscono un rapporto diretto e intimo con il Cristo.



Simbolismo nascosto: tre vie e una lettera

Se tracciamo i contorni stilizzati delle tre figure – Giacomo il Giusto, Gesù e Maddalena – si delinea una “M” invisibile, Una lettera che può significare molto: Maria, Maddalena, ma anche Matrimonio Mistico, tra il fratello di Gesù, Giacomo e Maria Maddalena, secondo l’usanza ebraiche che il fratello sposi la vedova di suo fratello, affinché l’eredità Cristiana non venisse attribuita a Pietro. E casi fu con Giacomo, che divenne erede del cristianesimo ebraico, ma ciò portò alla sua persecuzione e martirio, così fu anche per Maria  Maddalena che perseguitata e abbandonata con i suoi seguaci, ai marosi, su una barca senza vele e remi, per miracolo riuscì a salvarsi, per diffondere, come Apostola degli Apostoli, il messaggio del suo amato Gesù, nel sud della Francia.



Il dipinto del Duomo di Fano  sembra essere il simbolo di un’eredità plurale, di tre anime spirituali:
- Giacomo: la via della Torah e della storia
- Pietro: la via della struttura e della missione
- Maddalena: la via mistica e interiore


Il calice spirituale: una “V” tra Giacomo il Giusto e Maria Maddalena

…e il richiamo al vero Santo Graal

Nel dettaglio dell’Ultima Cena del Duomo di Fano, osservando i contorni dei due Apostoli, uno a sinistra di Gesù, e l’altro (Maria Maddalena) alla sua destra, si delinea una forma a “V”, quasi a disegnare un calice.

Ma questo non è un semplice spazio vuoto: è un segno.



Il calice, simbolo per eccellenza della spiritualità cristiana, diventa qui il contenitore non del solo vino o del sangue, ma del messaggio vivente del Cristo. Un Santo Graal silenzioso, non materiale, ma spirituale, formato dalle due figure che meglio ne hanno incarnato l’essenza.


Giacomo il Giusto, la continuità con l’ebraismo, la voce della comunità di Gerusalemme, la fedeltà alla Legge e al Tempio.

In alternativa Pietro, , la “pietra” che sarà fondamento della Chiesa di Roma. 

• Maria Maddalena, la testimone del Risorto, la via mistica, carismatica, forse trasmessa in segreto nei secoli attraverso culti alternativi e memorie eretiche.
In mezzo a loro, Gesù appare come luce e centro, come spirito che unisce, come il cuore del Graal stesso.

Questa lettura ci invita a rovesciare il senso comune della leggenda del Santo Graal: non una coppa fisica cercata dai crociati, ma un’alleanza invisibile tra due testimoni del Cristo, uniti dalla stessa luce.
Forse il Graal non va trovato: va riconosciuto nell’incontro di radice e cuore, di Legge e Visione, di Giacomo e Maddalena.

Conclusione: una mappa spirituale

Non tre verità in conflitto, ma tre linguaggi. Non divisione, ma memoria di una pluralità originaria, che l’arte sembra aver custodito più della teologia.

L’Ultima Cena di Fano non è solo una narrazione evangelica: è una mappa esoterica, un codice visivo delle vie che il messaggio del Cristo ha percorso.

Riconoscerle non significa dividerle, ma ricomporre una storia più grande.

Forse oggi, in un tempo di confusione, vale la pena rileggere queste immagini con occhi nuovi.


Massimo Agistini 


mercoledì 14 maggio 2025

Ismérie, la Vergine Nera del Desiderio e i Tre Templari di Liesse


Di Massimo Agostini 

In un tempo sospeso tra storia e mito, dove le pietre antiche parlano ancora di pellegrinaggi e miracoli, s’innalza la Basilica di Notre-Dame de Liesse. Le sue guglie gotiche fendono il cielo del nord della Francia come lame di preghiera.

È qui che inizia la storia di una donna enigmatica, una figura che unisce Oriente e Occidente, desiderio e salvezza: Ismérie, nel cui nome ritroviamo il magico connubio di Iside e Miriam.

Ma vediamo cosa narra la leggenda di Ismérie
Nel cuore della Piccardia, nella quiete sacra della Basilica di Notre-Dame de Liesse, sopravvive una leggenda che affonda le radici nel tempo delle Crociate. È la storia di Ismérie, la Vergine Nera, e di tre misteriosi cavalieri francesi che, secondo una possibile affascinante ipotesi, potrebbero essere stati membri dell’Ordine del Tempio.

Siamo intorno all’anno 1134, nel pieno fermento della prima grande stagione crociata. Tre cavalieri partiti da Eppes, nel nord della Francia, combattono in Terra Santa. Alcuni racconti li definiscono semplicemente “crociati”, ma il periodo storico e la natura della missione lasciano aperta una possibilità suggestiva: erano Templari

Furono catturati nella città costiera di Ashkelon, roccaforte musulmana. Là, invece di subire il martirio, accadde qualcosa di inatteso: entrarono in contatto con la figlia del sultano, una principessa nera di nome Ismérie – o Ismaros, secondo alcune varianti. A lei fu affidato il compito di sedurre i cavalieri, carpire loro i segreti, piegarli. Ma accadde il contrario: Ismérie si innamorò della loro luce interiore, della loro fede, e si convertì al cristianesimo.

Fuggì con loro in Francia, e secondo la leggenda sposò uno dei cavalieri, Robert d’Eppes. Alla sua morte, i tre, per onorarne la memoria, edificarono un santuario: Notre-Dame de Liesse, che divenne meta di pellegrinaggi, miracoli e culto secolare. Là, ancora oggi, è venerata una statua enigmatica e potente: la Vergine Nera di Liesse.


Nel corso dei secoli, sovrani e santi pregarono davanti a questa Madonna: Giovanna d’Arco, Luigi XI, Francesco I, Luigi XIII, Luigi XIV. Ma la domanda resta: chi era davvero Ismérie?

Il suo nome è intriso di simbolismo. Forse una fusione tra Isis e Maria, tra la dea egizia e la Vergine cristiana, tra l’Oriente e l’Occidente.

O ancora dal greco smeros, che richiama la bellezza, l’amore, il desiderio. Ismérie emerge così come una figura iniziatica, emblema del femminino sacro, ponte tra mondi, culture e tradizioni.

E i cavalieri? La possibilità che fossero Templari trova nuova forza nel simbolo che da secoli domina Liesse: la Madonna Nera. È noto, infatti, che i Templari avevano una particolare venerazione per le Madonne Nere, figure cariche di mistero, spesso associate a conoscenze antiche, alla terra, alla saggezza perduta, e forse a un cristianesimo più esoterico e gnostico. Queste icone, raramente raffigurate nella tradizione ufficiale, erano per i Templari simboli potenti della Sapienza e della Presenza divina nella materia.

Forse non è un caso che la leggenda di Liesse unisca proprio questi elementi: una principessa nera, una conversione, un amore spirituale, e una Vergine Nera custodita da cavalieri venuti dall’Oriente. Forse, tra le pietre silenziose della basilica, si cela ancora oggi un antico segreto templare, mascherato da leggenda e custodito dal volto enigmatico di Ismérie.

«Ella venne dall’Oriente, vestita di tenebre e luce.

Non fu il ferro a salvare i cavalieri, ma il desiderio che diventa fede.

Nel volto della Vergine Nera, essi riconobbero il segreto che avevano giurato di custodire:

la Sapienza nascosta nel cuore del mondo.»








 

 

martedì 13 maggio 2025

Il canto di un Angelo

Il canto di un Angelo 
risuona nella dimora del sonno,
 sicché anima vibra. 
L’essenza di un’intima ricerca. 

In regale aspetto, 
avvolto nel suo superno mantello, 
cresce di sua libido. 
Potente l’emozionante pensiero. 

Forte il suo ardore, 
da ancestrali forze animato, 
conduce all’incanto.
 È l’incontro di anime pure. 

Venere e Mercurio,
 fusi nello splendore della Luna, 
in magica triade. 
Risplende Amore nell’Universo. 

Incontro di anime, 
avvolte nell’egregore magico,
 vivono l’esperienza. 
Risplende la luminosa Iside. 

Finché il sogno svanisce,
 nell’aurea della Stella d’Oriente. 
Ma vivo resta in Lui 
Il Canto incarnato di un angelo. 

Massimo Agostini
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sabato 3 maggio 2025

Alla scoperta dei segreti di Fano: tra simboli, storia e mistero

Un palazzo nel cuore di Fano.

Una famiglia nobile che fece storia, una storia carica di mistero.

Simboli templari, stelle esoteriche, animali misteriosi scolpiti nella pietra.

Chi erano davvero i Marcolini? E cosa rappresentano i simboli nella loro cripta?

Templari?Massoneria? Rosacroce? Sapienza nascosta? O semplice arte?

La scoperta di un ipogeo patrimonio di una cultura che è appartenuta alle nobili famiglie di Fano che merita di essere svelata. 

Ne parlo in questa breve intervista  con la giornalista Cristiana Guerra su FANOTV




Alla scoperta dei segreti di Fano: tra simboli, storia e mistero