venerdì 30 maggio 2025

L’ultima cena nel Duomo di Fano e le tre vie del Cristianesimo

 Le tre vie del Cristianesimo primitivo

Di Massimo Agostini

Un viaggio tra simboli e silenzi nell’Ultima Cena del Duomo di Fano

C’è un momento, entrando nel Duomo di Fano, in cui il silenzio ti sorprende. Non è solo il silenzio della pietra o della navata — è un silenzio più profondo, che ti osserva da un dipinto.

L’Ultima Cena. Un’opera che, a prima vista, sembra seguire i canoni della tradizione. Ma guardando con più attenzione, qualcosa si muove tra le pieghe delle vesti, tra i volti, tra gli sguardi e all’improvviso, come in un sogno, appare una mia personale visione.




Tre figure, tre vie

1. Giacomo il Giusto – La via della radice ebraica, per quanto non annoverato dal canone come Apistolo.

A sinistra di Gesù (per chi guarda), un apostolo con le mani giunte.
Non è l’atteggiamento impulsivo di Pietro, né la tenerezza del discepolo amato. È devozione profonda, interiore.
Questa figura, nella mia visione, diviene così espressione simbolica  di Giacomo il Giusto, fratello del Signore, detto anche il giusto per la sua rettitudine, secondo le fonti antiche.

Giacomo fu il leader della comunità cristiana di Gerusalemme, un punto di riferimento per i giudeo-cristiani, rispettato anche tra i farisei e gli ebrei osservanti.

Predicava nel Tempio di Gerusalemme, era fedele alla Torah, e incarnava una forma di cristianesimo in continuità con l’ebraismo, non ancora distaccata dalla sua matrice.

Paolo lo chiama, assieme a Pietro e Giovanni, una delle “colonne” della Chiesa (Galati 2,9)

Il suo martirio, avvenuto poco prima della distruzione del Tempio nel 70 d.C., segnò anche la fine simbolica di quella prima comunità cristiana delle origini.

Nel dipinto, Giacomo il Giusto è il ponte tra la memoria storica e la fedeltà profetica, tra il Cristo storico e la radice da cui tutto è germogliato.

2. San Pietro – La via dell’istituzione

Accanto a Giacomo, ancora più a sinistra, una figura si distingue: un uomo che si tocca il petto con il dito. Il gesto è forte, identitario: “Sono io”.

È Pietro, la “pietra” sulla quale Gesù fonderà la sua Chiesa. Colui che, dopo il trauma del rinnegamento, diventerà guida e struttura, e con Paolo porterà il Vangelo ai gentili.

Nel quadro, Pietro è l’emblema della Chiesa istituzionale, quella che prenderà casa a Roma.

3. Maria Maddalena – La via del cuore e del mistero

Secondo la tradizione della Leggenda di Giacomo da Varazze (Jacques de Voragine) e la celebre Legenda Aurea, Maria Maddalena sarebbe approdata nel sud della Francia dopo la morte e resurrezione di Gesù. Insieme ad altri seguaci, sarebbe sbarcata a Saintes-Maries-de-la-Mer, in Provenza, dove avrebbe proseguito la sua predicazione e vita spirituale.

Questa narrazione ha dato origine a un culto diffuso nel Medioevo, legato alla figura della Maddalena non più come peccatrice redenta, ma come guida sapienziale e profetica. In queste terre occidentali si formarono comunità che onoravano la sua memoria come fondatrice spirituale. Alcuni hanno visto in questa linea una continuità con correnti eterodosse come i Catari, che attribuivano centralità alla dimensione interiore, al femminino sacro, e alla trasmissione diretta della conoscenza del Cristo.

La figura di Maria Maddalena, quindi, si distacca dalla sua marginalità canonica per divenire simbolo di una Chiesa del cuore, fondata sull’esperienza e sulla rivelazione, non sul potere.

Dalla parte opposta, alla destra di Gesù, la figura che più suscita domande: giovane, delicata, vestita di rosso e verde. Non il consueto Giovanni, ma forse Maria Maddalena.

Simbolo del femminino sacro, testimone della Resurrezione, Maddalena è colei che “ha visto”, prima degli altri. Secondo alcune tradizioni, avrebbe portato la parola nel sud della Francia, dando origine a un cristianesimo mistico e interiore.

Nel dipinto, il suo volto e la sua postura suggeriscono un rapporto diretto e intimo con il Cristo.



Simbolismo nascosto: tre vie e una lettera

Se tracciamo i contorni stilizzati delle tre figure – Giacomo il Giusto, Gesù e Maddalena – si delinea una “M” invisibile, Una lettera che può significare molto: Maria, Maddalena, ma anche Matrimonio Mistico, tra il fratello di Gesù, Giacomo e Maria Maddalena, secondo l’usanza ebraiche che il fratello sposi la vedova di suo fratello, affinché l’eredità Cristiana non venisse attribuita a Pietro. E casi fu con Giacomo, che divenne erede del cristianesimo ebraico, ma ciò portò alla sua persecuzione e martirio, così fu anche per Maria  Maddalena che perseguitata e abbandonata con i suoi seguaci, ai marosi, su una barca senza vele e remi, per miracolo riuscì a salvarsi, per diffondere, come Apostola degli Apostoli, il messaggio del suo amato Gesù, nel sud della Francia.



Il dipinto del Duomo di Fano  sembra essere il simbolo di un’eredità plurale, di tre anime spirituali:
- Giacomo: la via della Torah e della storia
- Pietro: la via della struttura e della missione
- Maddalena: la via mistica e interiore


Il calice spirituale: una “V” tra Giacomo il Giusto e Maria Maddalena

…e il richiamo al vero Santo Graal

Nel dettaglio dell’Ultima Cena del Duomo di Fano, osservando i contorni dei due Apostoli, uno a sinistra di Gesù, e l’altro (Maria Maddalena) alla sua destra, si delinea una forma a “V”, quasi a disegnare un calice.

Ma questo non è un semplice spazio vuoto: è un segno.



Il calice, simbolo per eccellenza della spiritualità cristiana, diventa qui il contenitore non del solo vino o del sangue, ma del messaggio vivente del Cristo. Un Santo Graal silenzioso, non materiale, ma spirituale, formato dalle due figure che meglio ne hanno incarnato l’essenza.


Giacomo il Giusto, la continuità con l’ebraismo, la voce della comunità di Gerusalemme, la fedeltà alla Legge e al Tempio.

In alternativa Pietro, , la “pietra” che sarà fondamento della Chiesa di Roma. 

• Maria Maddalena, la testimone del Risorto, la via mistica, carismatica, forse trasmessa in segreto nei secoli attraverso culti alternativi e memorie eretiche.
In mezzo a loro, Gesù appare come luce e centro, come spirito che unisce, come il cuore del Graal stesso.

Questa lettura ci invita a rovesciare il senso comune della leggenda del Santo Graal: non una coppa fisica cercata dai crociati, ma un’alleanza invisibile tra due testimoni del Cristo, uniti dalla stessa luce.
Forse il Graal non va trovato: va riconosciuto nell’incontro di radice e cuore, di Legge e Visione, di Giacomo e Maddalena.

Conclusione: una mappa spirituale

Non tre verità in conflitto, ma tre linguaggi. Non divisione, ma memoria di una pluralità originaria, che l’arte sembra aver custodito più della teologia.

L’Ultima Cena di Fano non è solo una narrazione evangelica: è una mappa esoterica, un codice visivo delle vie che il messaggio del Cristo ha percorso.

Riconoscerle non significa dividerle, ma ricomporre una storia più grande.

Forse oggi, in un tempo di confusione, vale la pena rileggere queste immagini con occhi nuovi.


Massimo Agistini 


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