massimo agostini

venerdì 1 novembre 2013

LA MASSONERIA UNA SIMBOLOGIA IN MOVIMENTO, Thiphereth editore, collana de Lantarn



La Massoneria è un po’ una storia d’amore. È l’amore per una Conoscenza che desideri e che non hai. Noi la cerchiamo in lei perché, nei secoli, nei suoi simboli si è depositata la saggezza dell’umanità. Il neoplatonismo, l’ermetismo, la Qabalah e la tradizione ebraica, la gnosticismo. La Massoneria è fatta di simboli. Vive perché si muove. La complessa ritualità, articolata tipicamente in tre gradi, e completata nel cosiddetto Arco Reale, non è altro che una simbologia in movimento. Svolgere un rituale vuole corteggiare la Massoneria, fare sì che i simboli si innamorino di noi, e li amiamo, li scaldiamo, li nominiamo, li invitiamo apposta per averli, per possederli, per farli nostri una volta e per tutte. Per adattarci il nostro significato, la nostra idea del mondo. Perché a questo serve il metodo massonico: non darci una verità precostituita, fatta una volta per tutte, dogmatica. Ma stimolarci continuamente a metterci in gioco, ad essere filosofi per davvero. Essere seduttori. Diventare tutti dei don Giovanni.

Gli uomini per la loro condizione materiale vivono nel costante confine tra luce e tenebra: l'equilibrio appartiene ai saggi e la saggezza appartiene purtroppo a pochi.
 Vi sono antiche tradizioni che tracciano sentieri per una crescita sapienziale dell'uomo, affinché prevalga in lui forza, bellezza, sapienza.
L'equilibrio tra verità e giustizia è nel divenire umano molto labile in quanto entrambi hanno peso e misura dettato dalla cultura dominante.
Il neoplatonismo, l’ermetismo, la Qabalah e la tradizione ebraica, la gnosticismo.. hanno costruito nel tempo gli uomini del dubbio, coloro che hanno fatto della ricerca la ragione della propria esistenza, fino a subire emarginazione e patibolo.
La bellezza esiste nel vedere la bellezza, aprendosi a ciò che di buono vive nell'altro da noi.

Vi sono strumenti di conoscenza che sono ben oltre la misera condizione umana, agli uomini di buona volontà la capacità di saperli cogliere, vivificandoli nel proprio animo.
Tanti sono i viandanti, pochissimi i veri pellegrini della conoscenza.



 — Noǔs – Epinoia – Metanoia


Dare un senso alla vita significa porsi le fatidiche domande: Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo?
 Ovvero: “Cosa ero”? Chi sono Ora? Ché cosa sarò? Cosa diventerò?
Dare un senso esoterico alla morte, insita nella vita apparente, vuol dire cercare con queste domande di dare luce viva alla fiamma del Fuoco Sacro che arde in ognuno di noi: vivere il proprio presente nella consapevolezza della nostra Origine e del nostro Essere finale e scoprire che l’intima natura di questa energia è “essenza unica”, indistruttibile che ricerca nella materia l’alimento esperienziale per la propria compiutezza.
“… il serpente le insegnò la generazione (sporà) della concupiscenza (epithymia)  della contaminazione e della distruzione, poiché queste cose gli sono utili….”(Vangelo Apocrifo di Giovanni)
La giusta osservazione del proprio sé può condurre, se praticata con metodo, a percepire e forse conoscere pienamente, la propria Universalità posta al di là del Tempo e del Mondo, in un eterno ritorno.
 Un percorso esoterico per altro ben tracciato dai simboli e rituali del mondo Iniziatico. 
Dall’antico Egitto: “Io sono partito da Osiride e a Osiride debbo ritornare”; all’A-Ω  della tradizione giudaico-cristiana; al’Uoroborus di quella alchemica, per tralasciare il ricco simbolismo dei nostro tempio.
Per i massoni, al di là delle più estreme aspirazioni esoteriche insite nei gradi sublimi, dare un senso alla nostra vita significa innanzitutto essere capaci di  “scavare oscure prigioni al vizio e lavorare al bene ed al progresso dell’umanità” ovvero essere Uomini “Liberi e di Buoni Costumi”, in grado di saper agire con “Giustizia ed Equilibrio” nel nostro quotidiano divenire.
Ma il percorso iniziatico è arduo e pieno di ostacoli, e la nostra incompiutezza e la generale miseria umana spesso ci sconforta e ci addolora.
Da un libretto alchemico del XVI secolo: “Di color che non sanno quel che possa o non possa l’arte, e vanno ciechi perdendo e roba, e tempo, e vita”.
Che la maggior parte dell’umana gente non possegga gli strumenti (talenti) necessari a comprendere che la loro vita materiale è solo ombra di una vita Universale, non può di certo indurre stupore in coloro che hanno intrapreso la via iniziatica.
Come non pone meraviglia la necessità di prevedere per questi, che possiamo definire populus-vulgus, regole exoteriche in grado di dare un indirizzo verticale al loro divenire materiale.
D’altro canto gli Uomini dotati di sensibilità, mente, intelligenza; capaci di sentire, riconoscere, interpretare, rigenerare, direzionare, il Fuoco Sacro che arde nell’intimo di questa nostra natura materiale, sono certamente pochi.
Ancor più rari sono gli Eletti, i “Monacòs” i “realizzati: coloro che, consapevoli dell’opera del Demiurgo, hanno raggiunto la Luce della Grande Madre.
Quello che provoca dispiacere e talvolta dolore è piuttosto constatare come uomini chiamati, per ruolo, professione o missione; a gestire, governare, educare, l’umana gente; per quanto dotati di tutti i talenti necessari alla propria elevazione Umana, siano in realtà dominati dalle potenze ctonie dei propri metalli, sì da perdersi nel buia caverna delle miserie di un divenire materiale, con grave danno alla stessa Umanità.
Comparvi davanti al trono dell’Onnipotenza, sul quale troneggiava la Giustizia e fuori dalle tenebre vidi la Superstizione, la Tirannia, l’Ipocrisia, La Barbarie: Cinque furie che assassinano l’innocenza”. (Pistis Sophia)
Gli eventi della cronaca quotidianamente ci raccontano di uomini chiamati a rispondere delle proprie azioni per l’incapacità di domare i propri istinti materiali; ed è grande il rammarico nel prendere atto di come il fuoco fatuo delle passioni possa renderci facili prede del caos dell’energia indifferenziata; ed è peraltro inimmaginabile che tale rappresentanti del genere umano  non abbiano mai avuto, nel loro divenire, il sentore di chi erano e di cosa saranno e non abbiano percepito l’incompiutezza del proprio essere attuale.
 Uomini che, per quanto sicuramente dotati di talenti, tanto da rappresentare in alcuni casi i vertici dell’intellighenzia di una nazione, si trovano ad essere inevitabilmente divorati dalle fauci di quel coccodrillo vorace della natura incompiuta dell’uomo.
Forse che pensiero, sentimento, riflessione, intelletto, ragionamento, ovvero coscienza, cuore, riflessione, anche se modulati in modo diverso in ciascun individuo,  trovino come un veto filogenetico per il giusto compimento in termini di equilibrio tra essi?
 L’osservazione di questi eventi ed il conseguente dubbio sulla reale disponibilità dei talenti umani, lascerebbe ogni uomo razionale nel pieno sconforto rispetto alla possibilità di riuscire a migliorare se stesso.
Ed allora è lecito domandarsi: se tali potenzialità sono insite nell’uomo quale è l’elemento che catalizza il loro divenire verso la via “materiale” piuttosto che in quella “intellettiva superiore”?
Le risposte non possono che essere ricercate in noi stessi, in ragione della stessa esperienza esoterica condotta in qualità di massoni e, affidandoci con forza e bellezza alla dea Minerva, visitiamo il nostro intimo divenire iniziatico.
Ed ecco che, per l’animo sensibile, il senso di incompiutezza appare inevitabile.
 L’ansia del tempo perso alita pesante in rapporto alla sensazione di vacuità.
Eppure sono stati affrontati con entusiasmo i gradini delle conoscenza esoterica, tante le letture e profondi gli studi, più volte si è affrontato il drago interiore fino a domarlo, intensa è stata l’ascesi meditativa fin’anche percepire l’Unità dell’essere universale, ma… il senso di incompiutezza resta sempre vivo.
Solo l’esperienza di “vera iniziazione” che porta a percepire lo splendore della vera Luce in comunione con l’immensità dell’universo a-corporale, segna l’animo predisposto, agendo immutata ad animare l’eros in agape.
Ci narra Dante nel XXXIII canto del Paradiso all’orché si trova a vivere la Luce del Fuoco Sacro Universale: “Se non che la mia mente fu percossa da un fulgore in che sua voglia venne. … sì come rota ch'igualmente è mossa, l'amor che move il sole e l'altre stelle.

E’ proprio In ragione di quel senso di incompiutezza che l’iniziato vaga alla ricerca della strada perduta con la consapevolezza di quanto sia labile, per la ragione del proprio essere fisico, l’Attenzione al proprio Presente Infinito. Il dolore ed il dramma che si prova in questo vagare lo esprime ancora Dante nel primo canto dell’Inferno: “Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura, che la diritta via era smarrita…
Tant'è amara che poco è più morte”
La via orizzontale rappresenta il naturale e facile percorso, soprattutto per chi non ha vissuto la “Vera iniziazione”, divenendo invece triste condizione per chi ha in sé l’esperienza dell’Uno Universale.
Essa è la via delle circonvoluzioni mentali automatiche ed auto-generanti; dell’istinto senza altra azione superiore di indirizzo (Epinoia), non occorre sforzo per percorrerla, essa è alimentata dal fuoco fatuo dell’entropia, del caos.
Anche questo automatismo inconsapevole lo ritroviamo espresso nella Divina Commedia a proposito della “selva oscura”: “io non so ben ridir com’i v’entrai, tant’era pien di sonno a quel punto che la verace via abbandonai…”
Il processo entropico, con la sua fatua e rapida combustione, può giungere persino a soffocare-addormentare il Nous-Luce, primo movens del risveglio, con inevitabili effetti sullo stato di coscienza.
In questo modo il rischio è quello di percepire il proprio Io Individuato come unico vero Io, dimenticando il legame con il proprio essere ontogenico, primordiale, vivificato dalla Luce Sacra dell’Uno Universale.
E’ come se ci identificassimo esclusivamente con la nostra immagine riflessa in uno specchio; un immagine che ci assomiglia, ma che non è neanche la più pallida parvenza del nostro vero essere; e persi nell’apparenza dell’essere ci si ritrova a divenire ciò che la mente ci impone di pensare.
E’ un meccanismo naturale conosciuto come spirale della dipendenza: desiderio, istinto di appagamento, giustificazione dell’atto, atto, gratificazione psico-fisica (piacere), degrado-morte dell’Attenzione o sonno, nuovo desiderio di provare tale gratificazione.
Per interrompere questo circolo occorre che: “Il pensiero non sia asservito; per questo è necessario che si distacchi da tutte le associazioni che lo tengono prigioniero, passivo; occorre che tagli i fili che lo tengono legato a tutte queste immagini a tutte queste forme; occorre che si liberi dall’attrazione costante del sentimento. Occorre che il pensiero senta il potere che ha di resistere a questa attrazione, di vederlo mentre esso stesso si eleva progressivamente al di sopra. Ed in questo movimento il pensiero diviene attivo, si attiva purificandosi; acquista uno scopo, uno scopo unico” da: “Lo Sguardo” di Jeanne de Salzman.
Se tale percorso può di fatto rappresentare un valido strumento per il mondo profano, nel massone assume una valenza qualitativamente diversa e ben più profonda.
Ci dice Giuseppe Balsamo, Conte di Conte di Cagliostro:
Non sono di alcun epoca, né di alcun luogo, al di fuori del tempo e dello spazio il mio essere spirituale vive la sua eterna esistenza, e se immergendomi nel mio pensiero risalendo il corso delle età , se distendo il mio spirito verso un mondo di esistenza lontano da quello che percepite, divengo colui che desidero, partecipando coscientemente all’essere assoluto, regolo la mia azione secondo l’ambiente che mi circonda. Il mio nome è quello della mia funzione, perché sono libero..”
Ma ancor più forti sono i riferimenti simbolici dei rituali massonici di ogni ordine e grado, ognuno con una valenza qualitativa sua propria, ma univoci nell’indicare la strada.
Un percorso, quello massonico, che conduce il pro-fano (colui che sente il richiamo della sacralità del Tempio) in una strada realizzativa che ha come fine la cstr5uzsione dell’Uomo, di una sé non fagocitato dalla bramosia dell’avere ma da bensì dell’essere; di un uomo che fa del dubbio il fondamento per la propria crescita mentale e animica, nella consapevolezza della grande scintilla spirituale presente in ogni cosa.
 “L’iniziato nel cammino per il superamento costante e razionale degli ostacoli frapposti dalle negazioni dello spirito, consentono di trovare in se stesso la Gnosi – Conoscenza” e di conquistarla; solo allora cadranno come per incanto, le due colonne del tempio. Donde l’equilibrio capace di dominare un mondo interiore assillato dal contrasto continuo fra libertà e necessità”
Non è quindi privo di importanza l’effettiva realizzazione di questo processo che passa  attraverso l’analisi del nostro essere in relazione a tali affermazioni.
L’iniziazione al percorso massonico ed il conseguente progredire nella scala iniziatica deve comunque necessariamente prevedere, una rigorosa valutazione sulla reale consapevolezza in merito alla propria reale tensione emotiva  per  la  “trasformazione creativa interiore del proprio essere” .
Al di là del raggiungimento dell’eccezionale stato di Monacòs, connessa ad un profondo percorso di Gnosi, (ne è simbolo la Conoscenza dei geroglifici che riassumono tutta la Grande Arte), il nostro procedere trova nelle affermazioni rituali anche precisi e più semplici riferimenti di natura eXoterica (l’acquisizione della verità necessita di alcune regole di vita).
Rilevanti sono i richiami: alla pratica di un lavoro costante, perché l’incostanza è la tomba di ogni ideale; alla fiducia in se stessi, alla pazienza e al coraggio, all’Aristocrazia di pensiero, alla temperanza dei pensieri e alla sobrietà delle azioni.
Particolarmente significativo è il seguente passaggio: Non permettete alle vostre passioni di prendere il sopravvento sulla vostra ragione perché perdereste il senso dell’equilibrio e della giustizia. Usate delle cose in forza del vostro potere di usarle e non arrivate mai alla sazietà di nessuna cosa che desiderate… Non desiderate la roba altrui per vanità ed utilità vostra.
 Potrebbe anche risultare sorprendente trovare in una istituzione iniziatica e quindi ESOTERICA, elementi esplicitamente EXOTERICI, una sorta di richiamo alle virtù cardinali e alla tavola della Legge Mosaica, ma per chi ha intrapreso lo studio delle Arti Sacre è facile comprendere come nei gradi elevati ESOTERISMO ED EXOTERISMO trovino un reciproco compimento, dove Noùs ontogenica e filogenica si incontrano determinando nell’individuo finalizzato (EPINOIOA) un radicale cambiamento nel modo di pensare, giudicare, di sentire (METANOIA).
Per il Bene dell’Umanità, indipendentemente dai processi iniziatici, tale condizione dovrebbe comunque trovare una risoluzione soprattutto in quelle persone impegnate con ruoli di responsabilità sociale.
Fondamentale dovrebbe essere il processo di selezione di dette figure, ma anche quello educativo con la diffusione di “scuole di vita” dove indirizzare i più dotati.
Una sorta di percorso psicoanalitico che inizia in giovane età, nelle scuole, nelle Università; è infatti da queste fondamentali istituzioni che deve partire la selezione, sotto l’occhio vigile di Uomini Liberi e di Buoni Costumi.
Indipendentemente da questo disegno, forse eccessivamente ampio ed utopico, per i Massoni, la prima vera selezione dovrebbe avvenire all’interno dei propri Templi ,scegliendo con la massima attenzione i neofiti e, con rigore e fermezza, condurli ad ESSERE “veri Maestri” che  sappiano parlare sempre e solo al nucleo più intimo e vero dell’Uomo a quell’essenza inespressa che è lì pronta al lavoro interiore.

                                                                       Massimo Agostini

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