domenica 26 novembre 2017

Eburacum: sulle tracce di una toponimo

Qual’è l’origine del toponimo Eburacum, appartenuto a diverse città, come nel caso di York, e Evry, ma anche ssociato ad alcune stirpi di origine ebraica, fra queste, secondo alcuni ricercatori, anche quella del primo Maestro dei Templari, Hugo de Pagani, indicato come Eb(u)raico(1)

Secondo la tradizione britannica, il toponimo Eburacum e legato alle vicende del capostipite dei Britanni, Bruto o Brito.
Nella "Historia Brittonum" si narra che capostipite dei britanni fu Brito o Bruto[2], discendente dai superstiti della guerra di Troia (figlio o nipote di Enea).
Enea, dopo la guerra di Troia, si stabilì in Italia (Etruria) e suo figlio Ascanio fondò Alba Longa. Da Ascanio o da Silvius, identificato come il secondo figlio di Enea, nacque Bruto, la cui madre morì di parto. Il ragazzo, di nome Brutus, in una battuta di caccia uccise accidentalmente suo padre con una freccia, per questo venne bandito dall’Italia.


Dopo essere stato esiliato dall'Etruria, Bruto scappò in Grecia, dove si riunì ad altri "ARCADI", giunse quindi nell'isola di Creta e nel tempio di Diana ebbe la visione della terra destinata alla sua discendenza: un'isola nel mare occidentale, abitata solo da pochi giganti.

A seguito di alcune avventure in Nord Africa e ad un incontro ravvicinato con le sirene, Bruto scopre un altro gruppo di Troiani esiliati che vivono sulle rive del Mar Tirreno, guidati da un prodigioso guerriero chiamato: Corineo, che in seguito divenne re della Cornovaglia. Dopo aver vagato tra le isole del Mar Tirreno, Bruto, attraversò la Gallia, dove fondò la città di Tours, e infine giunse in Gran Bretagna, divenendo il capostipite del popolo dei britanni. Il suo regno corrisponderebbe al tempo del sommo sacerdote Eli, giudice e custode dell'Arca dell'Alleanza, in Silo, quando l'Arca dell'Alleanza venne presa dal Filistei. (rif. Et in Arcadia Ego: i Mitidei Popoli del Mare).
Il nipote di Brito (secondo Goffredo di Monmouth) sarà Ebrauco (o Eburiaco), che ebbe venti mogli, venti figli e trenta figlie: le figlie le mandò spose in Etruria,.
Appare anche singolare il fatto che il nome degli Eber (Eburones) sia anche associato ai Pelasgi, popolazione pre-greca il cui ricordo era ancora vivo inepoca classica. Omero cita i Pelasgi di Creta (Od. XIX 178).
Anche Erodoto conosce i Pelasgi e lidescrive come gente che parlava una lingua non greca e che viveva nella città di Crestone (vicinoSalonicco).

Pelasgos, secondo la "Periegesi della Grecia" di Pausania (110-180 dC), fu il primo uomo" (…) egli generò i Pelasgi, venne dall’Arcadia e insegnò come costruire capanne, comenutrirsi di ghiande e come cucire tuniche simili a quelle indossate dal popolo degli Eburones”.

La Bibbia conosce i Pelasgi nella Genesi e li nomina tra coloro che ripopolarono la terra; Eber, antenato di Abraham ha-‘ibri (l’ebreo), del quale si dice: “Questa è la discendenza dei figli di Noè:Sem, Cam e Japhet. Anche a Sem, padre di tutti i figli di ‘Eber (kol-bne-‘Eber) nacque unadiscendenza. A ‘Eber nacquero due figli: uno si chiamò Pelasg (…)” (Gen. 10,1.21.25).
Erodoto scrisse che le figlie di Danao portarono i misteri di Demetra-Iside in Grecia, divulgandolisolo alle donne dei Pelasgi. Questi misteri furono conservati solo presso gli Arcadi della tribù degli Alfei di discendenza davidica.



Il racconto di Erodoto, messo in scena anche da Eschilo nellatrilogia delle Danaidi, è un fil rouge che collega gli Eburones alla tribù d'Alfeo. Secondo la tradizione cristiana Giacomo (detto il Giusto), figlio di Alfeo, fratello di San Giuseppe e marito di Maria di Cleofa, sarebbe stato, il cugino di Gesù.
In Grecia, sbarcando ad Igoumenitsa, percorrendo un centinaio di chilometri verso Prèveza, si arriva ad una collina vicino al villaggio di Messopòtamo in cima alla quale c’è il Nekromanteion, un santuario composto da una serie di gallerie e di camere ipogee, esistente fin da epoca micenea. Qui venne Ulisse ad interrogare l’ombra di Tiresia per conoscere le vicissitudini che lo attendevano lungo il viaggio di ritorno ad Itaca: Ulisse fece sgozzare alcune pecore e versò il sangue in una fossa perché l’indovino potesse berne e quindi vaticinare. Questo rituale doveva essere antichissimo, i greci (e forse prima di loro popolazioni pre greche) chiamavano questo luogo ’Eϕύρα, che è l’equivalente greco di Ebur.
Una delle aree in Europa, dove si trova gran copia di dolmen e menhir, è il dipartimento di Eure in Normandia, il cui capoluogo è Évreux. Questa cittadina è rimasta famosa perché Giulio Cesare nel “De bello gallico” ne descrive gli abitanti come appartenenti ad una delle tribù degli Aulerci, quella degli Eburovici. È abbastanza evidente che Eburovici in latino vuol dire “quelli che abitano il vicus di Ebur”.
Ebur(i)aci latinizzato è importante e diffuso nel mondo celtico, in Irlanda al tempo di Santa Brigida troviamo un vescovo Eburius e ancora il vescovo Eborius di Eburiacum (York) partecipante al concilio di Arles del 314. (da Acta Sanctorum Hiberniae, Edimburgo 1888, cit. in Cambridge, Storia del mondo medievale, vol. II, p. 315).
York come Ivry deriva da “Eburiacum”, luogo degli Eburones, detti talvolta Biturigi o Biturgi (in lingua latina Bituriges), ovvero il “popolo dei tassi” (Cesare, De bello gallico, VI, 16-28), che fu un’antica tribù celtica divisa in due rami, abitanti entrambe nelle fertilissime campagne al centro della Gallia transalpina, non lontano dagli Edui.
I Biturigi si definivano “i re del mondo”: il termine era fatto derivare da bitu (o byth, byd), che significa “mondo”, e dal plurale della parola rix, “re”. Dai Biturigi prende nome anche la regione del Berry e le città di Bourges e Bordeaux. Tito Livio parla dei Biturigi nel V libro della sua Storia di Roma: «[…] Mentre a Roma regnava Tarquinio Prisco, il supremo potere dei Celti era nelle mani dei Biturigi, questi mettevano a capo di tutti i Celti il re Ambigato, uomo assai potente per valore e ricchezza, sia propria che pubblica, perché sotto il suo governo la Gallia fu così ricca di prodotti e di uomini da sembrare che la numerosa popolazione si potesse a stento dominare».

La discendenza degli Alfei sebrerebbe richiamare il mito greco del dio Alfeo, il figlio di Oceano, che si innamorò della splendida Aretusa, la quale fuggì dalle sue attenzioni scampando sull’isola di Ortigia, a Siracusa, dove venne tramutata in una fonte dalla dea Artemide. Zeus, commosso dal dolore di Alfeo, lo mutò a sua volta in un fiume, che si inabissò sotto il Mare Ionio, per raggiungere l’amata Aretesa.
Il mito di Alfeo è il simbolo di un percorso iniziatico, appartemuto alle antiche religioni misteriche, quando l’adepto si trovava a scendere nell’Oltretomba per incontrare, al termine delle prove iniziatiche la sua controparte animica, nel rito delle Nozze Sacre, strumento di ogni resurrezione nella nuova Luce.
La tradizione arcadica è da sempre appartenuta alla città di Pisa, soprannominata appunto la città alfea (dal fiume Alfeo in Elide), aggiungendo che, secondo alcuni storici antichi, Pisa venne fondata dai guerrieri achei, il che rapresenterebbe un interessante intreccio con i leggendari Pelasgi,discendeti da Eber,la leggenda di Brito o Bruto capostipite dei Britanni e quella delle figlie di Danao.
I da Vecchiano erano conosciuti nelle leggende come appartenenti alla consorteria dei “mi Beth El” (ovvero traducendo dall’ebraico “della casa del Signore”) che vantavano un antichissima nobiltà ‘Alfea’, arrivata a Pisa sotto l’imperatore Tito159.n
In questo contesto sembra assumere rilevana unparticolare famiglia, i da Vecchiano, conosciuti nelle leggende come appartenenti alla consorteria dei “mi Beth El” (ovvero traducendo dall’ebraico “della casa del Signore”) che vantavano un antichissima nobiltà ‘Alfea’, arrivata a Pisa sotto l’imperatore Tito.
Il topnimo Eburacum sembrerebbe quindi essere all’origine di un mito, come quello greco di Alfeo volto ad unire un midtero che unisce l’'Arcadia, gli Etruschi (Popoli del Mare) e la sacra stirpe del Graal, tanto da poter affermare: Et in Arcadia Ego.


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NOTA: Goffredo di Monmouth: Storia dei Re di Britannia, racconta più o meno la stessa storia, ma in modo più dettagliato. [6] In questa versione, Bruto è esplicitamente il nipote, piuttosto che il figlio, di Ascanio; suo padre è Ascanio figlio Silvius. Il mago che prevede grandi cose per il nascituro Bruto predice anche che ucciderà entrambi i genitori. Conferma anche quanto descritto nella Historia Brittonum (il padre morì in un cidente, la madre durante il parto), per cui fu bandito dall'Italia. Dopo essere stato bandito dall'Italia andò in Grecia, dove scoprì un gruppo di troiani asservito lì. Egli diventa il loro capo (...) Come abili "Umini del Mare" I Troiani sbarcarono su un'isola deserta e scoprire un tempio abbandonato a Diana . Dopo aver eseguito il rituale del caso, Bruto si addormenta davanti alla statua della dea ed è dato una visione della terra in cui egli è destinato a stabilirsi, un'isola nel mare occidentale, abitata solo da pochi giganti. Dopo alcune avventure in Nord Africa e un incontro ravvicinato con le sirene , Bruto scopre un altro gruppo di Troani esiliati che vivono sulle rive del Mar Tirreno , guidati dal guerriero Corineo (...) Il Nipote di Bruto, Turonus, muore nei combattimenti, e il luogo dove venne sepolto divenne la città di Tours. I Troiani vinsero la maggior parte delle loro battaglie, ma consapevoli che i Galli erano numerosi, decisero di riprendere le loro navi e vela dirigendosi in Gran Bretagna, che allora si chiamava Albion . Sbarcarono a " Totonesium Litus '-' mare-costa di Totnes " dove sconfissero i discendenti dei giganti di Albion. Bruto rinomina l'isola a se stesso e diventa il suo primo re. Corineo diventa sovrano di Cornovaglia , che prende il nome di lui. [7] Essi sono molestati dai giganti durante una festa, ma uccidono tutti loro, ma il loro capo, il più grande gigante Goemagot , che viene salvato per un incontro di lotta contro Corineo. Corineo lo getta sopra una scogliera alla sua morte. Bruto poi fonda una città sulle rive del Tamigi , che egli chiama Troia Nova, o Nuova Troia . Il nome è in tempo corrotto per trinovantum , e la città è in seguito chiamato Londra . [8] Egli crea leggi per il suo popolo e le regole per ventiquattro anni. Dopo la sua morte è sepolto in trinovantum, e l'isola è divisa tra i suoi tre figli: Locrino ( Inghilterra ), albanatto ( Scozia ) e Kamber ( Galles ).
Secondo Goffredo di Monmouth, il nipote di Brito si chiama Ebrauco (o Eburiaco), che ebbe venti mogli, venti figli e trenta figlie: le figlie le mandò spose in Etruria. Nella storia di Goffredo successivamente il re dei britanni sarà Alvirago (...)
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M.Agostini, Et nin Arcadia Ego i miti dei Popoli del Mare, Tipheret Editore, 2017
[2] Non dimentichiamo ancora questa altra coincidenza della suocera di Plinio il Giovane (Pompeia Celerina) e sul capostipite dei britanni Brito (Brittius).


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