6. Maria Maddalena e la sacra coppa
Il Graal rappresenta per la cristianità la sacra coppa dell’ultima cena
con la quale Giuseppe di Arimatea raccolse il sangue del Cristo crocefisso, per
poi condurla con sé in Inghilterra.
Come reliquia associata al sangue di Cristo, il Graal
ispirò nel tempo tantissimi romanzi e poemi che diedero origine al mito di re
Artù e dei cavalieri della tavola rotonda alla ricerca della sacra coppa.
Secondo altre leggende fu invece Maria Maddalena,
fuggita dalla Terrasanta, a portare con sé il Santo Graal nel sud della
Francia, attribuendo alla coppa il significato di racham = utero o Kelì
= recipiente o coppa, essendo lei incinta del suo sacro sposo e pertanto
colma del sangue di Gesù.
La Dea cananea dell’amore, raffigurata con il serpente
e il giglio, sembra quindi preannunciare la “Leggenda Aurea” di Maria
Maddalena, riconoscendo nel serpente il simbolo della tribù di Dan e del suo
sacerdozio, e nel giglio quello della linea di sangue della stirpe davidica,
che in lei trovò nuova linfa divina.
Come tutte le Dee del passato, anche Maria Maddalena è
espressione del dualismo spirituale, essendo al contempo Apostola degli
Apostoli, ma anche indemoniata prostituta dalla quale furono cacciati sette
demoni. La schizofrenica considerazione della Chiesa nei confronti della
prediletta dal Signore potrebbe esprimere, in modo velato, la condizione
spirituale di Maria Maddalena, al contempo principessa di Magdala e
sacerdotessa nel tempio della Dea che, come Iside fece con Osiride, partecipa
alla resurrezione di Cristo, il Re dei Re, perpetrando il sangue della stirpe
regale attraverso il nuovo Rex Deus, ovvero il nuovo Nasi Ha-Edah e
‘Maestro di Giustizia’ della Casa di Davide. Ma così non fu!
La leggenda narra infatti che da quell’accoppiamento
sacro nacque una figlia femmina[1] e, per diritto regale, il titolo passò al parente maschio più prossimo
a Gesù, ovvero al fratello Giacomo che per questo venne detto il ‘Giusto’,
divenendo nuovo capo della ‘comunità’ cristiana a Gerusalemme.
Le successive persecuzioni subite da quella comunità
da parte di altre fazioni ebraiche, e la conseguente uccisione di Giacomo, nel
62 d.C., furono all’origine dell’esilio di Maria Maddalena e di sua figlia nel
sud della Francia,
Il dono del sangue davidico di Gesù, perpetrato
attraverso il calice della sua amata sposa, Maria Maddalena, divenne per alcuni
il fondamento di un culto legato a Maria Maddalena, che nella sua sacralità
sacerdotale, rappresentava la Dea di tutti i tempi.
Da qualunque parte sia posta la verità, un dato sembra
comunque emergere da quanto finora analizzato: il dono divino viene concesso
all’umanità in nome, non di un Dio, ma bensì di una Dea, capace di collegare
ciò che è in terra con ciò che è in cielo, attraverso le alchemiche nozze con
il Dio risorto.
Che si chiami Iside o Maria-Miryam di Magdala
poco importa, rappresentando ognuna di loro l’archetipo della sposa eterna e,
come tale, Santo Graal del seme di un Dio, ovvero Sacra Madre che dona
salvezza all’umanità.
La stessa segreta conoscenza divina, trasmessa
all’uomo all’origine del suo divenire sulla terra, parla al femminile, come nel
caso di Eva, attraverso il serpente del Paradiso Terrestre, o Inanna, con i
“Me”, sottratti dalla dimora di An, o Iside che invece la carpì al dio Ra. In
ogni mito è comunque la componente femminile (eros), sacro tempio e
anima del mondo, a decretare il compimento del percorso iniziatico.
L’altro
attore di queste mitiche storie è uno spirito da alcuni chiamato angelo ribelle
o Lucifero, ma da altri venerato come Dio: il biblico serpente che, tramite la
mediazione di Eva, concesse all’uomo la luce della “conoscenza” e, con essa,
la consapevolezza di essere egli stesso un “Dio”. Quell’angelo ribelle appare
quindi simile ai tanti Dèi dell’antica religione portatori di conoscenza
all’umanità.
grazie
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