sabato 18 novembre 2017

Maria Maddalena e la sacra coppa

Tratto dal libro di Massimo Agostini: "Et in Arcadia Ego: i miti dei Popoli del Mare", Tipheret editore.

6. Maria Maddalena e la sacra coppa
Il Graal rappresenta per la cristianità la sacra coppa dell’ultima cena con la quale Giuseppe di Arimatea raccolse il sangue del Cristo crocefisso, per poi condurla con sé in Inghilterra.
Come reliquia associata al sangue di Cristo, il Graal ispirò nel tempo tantissimi romanzi e poemi che diedero origine al mito di re Artù e dei cavalieri della tavola rotonda alla ricerca della sacra coppa.
Secondo altre leggende fu invece Maria Maddalena, fuggita dalla Terrasanta, a portare con sé il Santo Graal nel sud della Francia, attribuendo alla coppa il significato di racham = utero o Kelì = recipiente o coppa, essendo lei incinta del suo sacro sposo e pertanto colma del sangue di Gesù.
La Dea cananea dell’amore, raffigurata con il serpente e il gi­glio, sembra quindi preannunciare la “Leggenda Aurea” di Maria Maddalena, riconoscendo nel serpente il simbolo della tribù di Dan e del suo sacerdozio, e nel giglio quello della linea di sangue della stirpe davidica, che in lei trovò nuova linfa divina.
Come tutte le Dee del passato, anche Maria Maddalena è espressione del dualismo spirituale, essendo al contempo Apo­stola degli Apostoli, ma anche indemoniata prostituta dalla qua­le furono cacciati sette demoni. La schizofrenica considerazione della Chiesa nei confronti della prediletta dal Signore potreb­be esprimere, in modo velato, la condizione spirituale di Maria Maddalena, al contempo principessa di Magdala e sacerdotessa nel tempio della Dea che, come Iside fece con Osiride, partecipa alla resurrezione di Cristo, il Re dei Re, perpetrando il sangue della stirpe regale attraverso il nuovo Rex Deus, ovvero il nuovo Nasi Ha-Edah e ‘Maestro di Giustizia’ della Casa di Davide. Ma così non fu!
La leggenda narra infatti che da quell’accoppiamento sacro nacque una figlia femmina[1] e, per diritto regale, il titolo passò al parente maschio più prossimo a Gesù, ovvero al fratello Gia­como che per questo venne detto il ‘Giusto’, divenendo nuovo capo della ‘comunità’ cristiana a Gerusalemme.
Le successive persecuzioni subite da quella comunità da parte di altre fazioni ebraiche, e la conseguente uccisione di Giacomo, nel 62 d.C., furono all’origine dell’esilio di Maria Maddalena e di sua figlia nel sud della Francia,
Il dono del sangue davidico di Gesù, perpetrato attraverso il calice della sua amata sposa, Maria Maddalena, divenne per alcu­ni il fondamento di un culto legato a Maria Maddalena, che nella sua sacralità sacerdotale, rappresentava la Dea di tutti i tempi.
Da qualunque parte sia posta la verità, un dato sembra co­munque emergere da quanto finora analizzato: il dono divino viene concesso all’umanità in nome, non di un Dio, ma bensì di una Dea, capace di collegare ciò che è in terra con ciò che è in cielo, attraverso le alchemiche nozze con il Dio risorto.
Che si chiami Iside o Maria-Miryam di Magdala poco impor­ta, rappresentando ognuna di loro l’archetipo della sposa eterna e, come tale, Santo Graal del seme di un Dio, ovvero Sacra Ma­dre che dona salvezza all’umanità.

La stessa segreta conoscenza divina, trasmessa all’uomo all’origine del suo divenire sulla terra, parla al femminile, come nel caso di Eva, attraverso il serpente del Paradiso Terrestre, o Inanna, con i “Me”, sottratti dalla dimora di An, o Iside che in­vece la carpì al dio Ra. In ogni mito è comunque la componente femminile (eros), sacro tempio e anima del mondo, a decretare il compimento del percorso iniziatico.
L’altro attore di queste mitiche storie è uno spirito da alcuni chiamato angelo ribelle o Lucifero, ma da altri venerato come Dio: il biblico serpente che, tramite la mediazione di Eva, con­cesse all’uomo la luce della “conoscenza” e, con essa, la consape­volezza di essere egli stesso un “Dio”. Quell’angelo ribelle appare quindi simile ai tanti Dèi dell’antica religione portatori di cono­scenza all’umanità.




[1] Margaret Starbird, Maria Maddalena e il Santo Graall, Mondadori, Milano 2013.
per approfondire




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