di Massimo Agostini
Una voce contro il regime. Emilio Agostini, tra poesia, anarchia e massoneria
Massone, anarchico, poeta. Tre parole che, nella vita di Emilio Agostini, non furono mai semplici etichette ma scelte di campo. Scelte maturate non nell’ideologia cieca, ma nella fede incrollabile nella libertà, nella dignità dell’uomo, e nella fratellanza tra gli individui.
Nato nel 1874, in una Toscana ancora intrisa di ideali risorgimentali, Agostini incarnò un modo raro e coraggioso di essere intellettuale: senza clamore, ma con coerenza feroce, fino alla fine. In un’Italia che stava scivolando nel conformismo del regime, lui continuava a scrivere versi pieni di umanità, a esercitare la sua professione di farmacista, e a non tacere mai davanti all’ingiustizia.
Le origini e la formazione
Emilio Agostini nacque a Sassetta, in provincia di Livorno, il 5 maggio 1874. Suo padre era il medico condotto del paese, stimato e legato al milieu culturale dell’epoca (si racconta di un’amicizia con Giosuè Carducci); sua madre, Anna Binelli, era originaria di Rio nell’Elba, sull’isola che diventerà rifugio e ultima dimora del poeta.
Studiò a Lucca e Prato, poi si trasferì a Pisa, dove si laureò in Farmacia e frequentò i circoli intellettuali universitari. Qui gli fu affibbiato il soprannome di “Tigrino”, per la sua indole combattiva e ironica. Ma non cercò mai la ribalta: preferì i margini, le retrovie, il mestiere quotidiano e la scrittura silenziosa.
Il massone: fratellanza, laicità, ribellione
Agostini fu massone convinto e schedato dalla polizia già nel 1902 come tale, insieme alla qualifica di “anarchico”. Probabilmente appartenente a logge del Grand’Oriente d’Italia attive in Toscana e sulla costa tirrenica, come impegno etico e civile, coerente con le idee risorgimentali, positiviste e anticlericali che animavano gran parte della massoneria laica dell’epoca.
La sua laicità era profonda, non militante, ma ispirata: credeva nella libertà di coscienza, nel progresso dell’umanità, nel rispetto tra gli uomini. I suoi versi e le sue scelte di vita rispecchiavano questa visione: mai piegato al potere, mai sedotto dall’autorità.
La parola come forma di resistenza
La poesia fu per lui una seconda vocazione, un’urgenza interiore. Pubblicò fin dal 1898: Lontani sorrisi, Maremma (1904), Venti salmastri (1909), Canti dell’Ombra (1921), fino ai Canti della Luce (1939). Il successo arrivò soprattutto con Lumière di Sabbio (1899), raccolta di racconti d’infanzia che vendette oltre 15.000 copie: un piccolo best-seller dimenticato.
Pascoli, D’Annunzio, Sem Benelli e Ettore Cozzani lo considerarono una delle voci più limpide e sincere della sua generazione. La sua poesia era legata alla terra, all’infanzia, al mare, alla giustizia, ai sentimenti reali, mai all’ideologia o al decorativismo.
La censura e la persecuzione
Nel 1926, Lumière di Sabbio fu censurato dal Ministero dell’Educazione Nazionale, giudicato “inadatto” all’uso scolastico perché “privo di fini morali e patriottici”. Una condanna indiretta, ma pesante.
Il momento più duro arrivò nel 1931, quando Agostini fu denunciato per aver pronunciato in pubblico, nella sua farmacia di Rio nell’Elba, la frase: «Questa è la libertà che ci hanno portato Mussolini e Ciano in questa porca Italia»
Fu inseguito, schedato nel Casellario Politico Centrale, e costretto a nascondersi per mesi. Non fu mai arrestato, ma sorvegliato fino al 1935. Quel clima di sospetto e isolamento spense la sua produzione per anni. Tornò a pubblicare solo nel 1939. Morì l’11 luglio 1941, senza aver mai rinnegato nulla.
Una vita appartata, due amori
Agostini si sposò due volte: prima con la cugina Adelaide Sbragia, di Vecchiano (PI), e poi con Argia Malenotti, originaria di Castagneto Carducci. Non ebbe figli. Nessuna discendenza diretta, ma una traccia culturale e morale che sopravvive nei suoi scritti e nel suo
Memoria e attualità
Oggi il Circolo Culturale Emilio Agostini di Sassetta custodisce e ristampa le sue opere. A Rio nell’Elba una scuola porta il suo nome. Ma fuori da questi contesti locali, Emilio Agostini è praticamente dimenticato.
Eppure, la sua figura è quanto mai attuale: un uomo libero in un’epoca di servitù, un poeta civile senza retorica, un massone che credette davvero nel valore dell’uomo.
Riscoprire Emilio Agostini significa riconnettersi con una tradizione etica della cultura italiana: quella dei poeti-filosofi, dei farmacisti-scrittori, dei massoni liberi pensatori, degli “eretici gentili” che si opposero al conformismo del loro tempo con il solo strumento che conoscevano: la parola.
Bibliografia selezionata su Emilio Agostini
Testi di riferimento su Emilio Agostini
- Giuseppe Benedettini,
🠒 Vita ed opera di Emilio Agostini
Sassetta, Circolo Culturale “Emilio Agostini”, 1985.
La più completa e diretta biografia disponibile. Ricostruisce dettagliatamente la vita del poeta, la sua formazione, l’attività letteraria, i rapporti con la massoneria e la persecuzione subita durante il regime fascista. Include anche lettere, poesie e giudizi critici.
- Raffaele Taddei,
🠒 Poeti e liberi pensatori della costa toscana (1890–1940)
Livorno, Edizioni del Mandorlo, 1998.
Studio più ampio su intellettuali toscani marginalizzati dal canone ufficiale. Agostini vi figura in un capitolo dedicato ai poeti laici e anarchici della provincia livornese.
Testi di Emilio Agostini ristampati o conservati
- Emilio Agostini,
🠒 Canti dell’Ombra
Milano, L’Eroica, 1921. (ristampa anastatica a cura del Circolo Culturale di Sassetta, 2001)
Opera considerata il vertice della sua produzione poetica, con prefazione elogiativa di Ettore Cozzani. Testo cruciale per cogliere la sua visione etico-poetica.
- Emilio Agostini,
🠒 Lumière di Sabbio. Ricordi d’infanzia
Firenze, Marzocco, 1911 (prima ed. 1899).
Rarissimo, ma ristampato parzialmente in antologie locali. Il libro che lo fece conoscere al grande pubblico, censurato dal regime nel 1926 per “mancanza di spirito patriottico”.
La voce poetica
Agostini esordì nel 1898 con Lontani sorrisi, ma fu con Lumière di Sabbio (1899) – una raccolta di racconti d’infanzia – che ottenne un primo successo (oltre 15.000 copie vendute). Tra le sue opere più note:
- Maremma (1904): un omaggio lirico alla sua terra.
- Venti salmastri (1909): poesie dal respiro marittimo.
- Canti dell’Ombra (1921): considerato il suo capolavoro.
- Canti della Luce (1939): il commiato poetico.
Pascoli, D’Annunzio e Cozzani lodarono la sua scrittura per la freschezza del linguaggio, la musicalità del verso e la potenza evocativa, sempre radicata nei sentimenti più autentici




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