massimo agostini

NEL NOME DELLA DEA: sulle tracce dell'Antica Religione

   

Bologna: "Nel Nome della Dea" con Gabriele La Porta, Egidio Senatore presentazione 



Tipheret Edtore Gruppo Bonanno, 2015  Recensito nella rivista York Magazine n°6 pag. 19
                                        

Salone internazionale del libro

Presentazione del mio libro: "Nel Nome della Dea"
Intervista della giornalista Sabrina Conti.






RECENSIONE DEL Prof. Francesco Milesi

“Inizio subito col dire che l’ultima fatica di Massimo Agostini “Nel nome della Dea” è di grande interesse non solo per gli addetti ai lavori, ma anche per coloro che per la prima volta si avvicinano al magico mondo dell’esoterismo.
Un mondo assai complesso, ma reso da Massimo in una prosa scorrevole e di facile comprensione, senza nulla rinunciare al rigore scientifico che sta alla base del libro. Un ermetismo erudito, lo definirebbe Festugière, che ruota interamente attorno all’idea che l’uomo può scoprire il divino stabilendo una relazione mistica tra universo e umanità. Ma l’essenza divina che è in noi non è tale da poter essere liberata o rigenerata a caso: sono necessari strumenti molto precisi, tra i quali troviamo iniziazioni di diversa natura.
“L’esperienza iniziatica, sottolinea Massimo Agostini, deve condurre, non solo a penetrare il proprio sé malvagio e terribile, ma anche a domare i demoni che vi dimorano, riuscendo a trasmutare la loro energia imprigionante in una forza di luce”.
Non poteva mancare la citazione del Corpus Hermeticum di Ermete Trismegisto poiché questo testo ermetico è alla base di tutta la tradizione esoterica, ermetica e alchemica dell’Occidente e specialmente il Primander – primo trattato del Corpus – è un vero e proprio percorso iniziatico attraverso il quale il profano viene condotto alla comprensione del Nòus (intelletto divino) e alla rinascita in Dio.
Grazie Massimo che attraverso la lettura del tuo libro ci hai permesso di approfondire l’evoluzione del pensiero esoterico-religioso fin dai suoi albori.
                                                                                          prof. Francesco Milesi

http://www.ibs.it/code/978886496180...

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Mito e Iniziazione
Verrà un tempo in cui risulterà chiaro che […] la divinità lascerà la Terra per ritornare in Cielo [e gli dei e i culti religiosi dell’Egitto] sopravvivranno soltanto nei miti [che, privati di ogni valore, reste­ranno soltanto] come parole vuote incise sulle pietre. (Ermete Trismegisto Asclepius 3,29, Corpus Hermeticum)

Vi fu un tempo in cui il mito costituiva il fondamento di ogni spiritualità, di ogni rapporto magico con la natura, essa stessa vissuta come espressione magica degli spiriti divini.
Un antico periodo dominato dal potere magico dello spirito d’amore, capace di infondere equilibro e armonia attraverso la conoscenza delle leggi divine.
Quel tempo permeato dal ricordo dell’Età dell’Oro, di quando gli Dèi vivevano sulla terra, è per l’uomo moderno un tempo fantastico, per quanto poetico, sicuramente irreale, e comunque privo di ogni valore simbolico ed esoterico.
Per gli antichi il mito costituiva invece il riferimento simbolico evocativo di un percorso iniziatico capace di donare conoscenza, trasmutando l’animo umano in quello divino.
Parlare del mito significa parlare della grande Atlantide, dei misteri tramandati da Platone attraverso Timeo e Clizia, dell’immane catastrofe che si abbatté sull’umanità! Una civiltà Atlantidea conosciuta e raccontata a Clizia anche dai Sacerdoti del Tempio Egiziano di Sais. Atlantide rappresenta forse una realtà trasformata in mito attraverso leggende e rituali di popoli superstiti all’immane catastrofe. Una sapienza antica che divenne il fondamento di civiltà e religioni successive, come quella sumera ed egizia, per giungere agli Ebrei e al Cristianesimo, ed infine ad ordini iniziatici di tutti i tempi compresa la moderna Massoneria. 

L’essenza di ogni mito è rappresentata infatti dal viaggio iniziatico degli Dèi al fine di consentire l’eterno vitale ciclo della natura.
Un percorso iniziatico che conduce l’anima mortale a penetrare le oscure stanze dell’Oltretomba, affrontando terribili prove e voraci mostri, spesso raffigurati come serpenti.
 Un percorso che se intrapreso secondo le antiche conoscenze tramandate dagli Dèi, consente di trasmutare ogni animo umano in quello divino, riunendo nell’Uno ogni elemento duale della natura manifesta.
Il mito sumero di Inanna e Dumuzi, quello egizio Iside e Osiride, oppure quello babilonese di Ba’al e Ishtar, donano il senso di questo viaggio iniziatico.
In ogni racconto vi è il varcare della soglia del tempio della morte, lo spogliarsi degli abiti profani, il superare i mostri della propria incompiutezza materiale, per giungere, come anime libere da ogni falsità, al cospetto del tribunale degli Dèi che, con il loro “giudizio”, stabiliscono la morte definitiva dell’anima o il suo risorgere a nuova luminosa vita.
Nel mito troviamo anche il mistero duale di ogni esistenza e che ogni resurrezione necessita dell’armonica unione degli opposti.

Il viaggio nel Regno dei Morti, prevede infatti l’incontro tra gli elementi duali dell’anima al fine di conoscerne l’essenza, per poi impri­gionarli e domarli. Solo conoscendo ogni aspetto della propria essenza spirituale è quindi possibile vivere con consapevolezza l’attimo fuggente della vita materiale.
Nel mito egizio questa necessità è espressa nel “Libro dei Morti” dove, viaggiando nell’Oltretomba, l’anima dell’iniziato diviene im­magine di Osiride (Orione) che anela a ricongiungersi alla sua amata sposa Iside (la stella Sirio) per infondere energia al mondo e dare così origine a una “Nuova Era” per il tramite del sacro figlio Horus, frutto dell’accoppiamento sacro.
Quello dell’iniziato è un percorso intimo verso il luogo più sacro del Tempio, il cuore, espressio­ne del giudizio degli Dèi nella Verità e nella Giustizia.
Come nel cuore è posta l’essenza divina dell’essere, così nel centro del Tempio iniziatico si trova il Santuario dell’Onnipo­tenza e il Trono divino, il cui accesso è protetto dai “Guar­diani della Soglia” che impediscono agli indegni di andare oltre.
Per giungere al cospetto divino si devono superare mol­te stanze e a ogni porta occorre rispondere alle domande di un “Guardiano della Soglia”: solo la conoscenza della parola di passo autorizza il passaggio, evitando di perire tra i più atroci tormenti
Il passare di stanza in stanza rappresenta il progredire dell’anima nei gradi iniziatici di purificazione e quindi di ele­vazione spirituale verso l’identificazione con lo spirito divino.

L’ultima soglia è quella che conduce al Sancta Sanctorum, la dimora dell’Onnipotenza il cui accesso appartiene solo al Sommo Sacerdote, all’iniziato ai più alti misteri, colui che è giunto al compimento dell’Opera.

Nel mito egizio giungere nella dimora dell’Onnipotenza, al cospetto di Osiride/ Seth, per diventare “Osiride ri­sorto”, significava aver superato anche l’ultimo custode della soglia, il terribile Anubis, il serpente che divorava l’anima per purificarla nelle sue viscere.
Solo entrando nel Sancta Sanctorum è concesso all’iniziato di accedere all’ultimo rituale: quello dell’Unione Sacra (Hieros Gamos) con la sua controparte celeste per risorgere Nel nuovo Rex Deus, il Sacerdote Re, portatore della Conoscenza divina.
Tale processo iniziatico lo ritroviamo simbolicamente espresso nel tempio massonico, attraverso i simboli della Luna, del sole (Osiride) e dell’occhio divino, posti dietro allo scranno del Maestro Venerabile, donando a quest’ultimo l’immagine del Trono dell’Onnipotenza, e al Maestro Venerabile quella di colui che, attraverso l’occhio di Osiride resuscitato in Horus, tutto vede.


In tutte le leggende divine, la resurrezione dal Regno dei Morti può realizzar­si solo grazie all’amore della sposa, la Dea di tutti i tempi e dai molteplici nomi.
Nel sacro tempio della Natura, il femminino  per il suo privilegiato rapporto con gli astri e con lo spirito della luna, generatrice di vita e coppa magica di ogni manifestazione, assume il supremo ruolo di mediatrice (Sacerdotessa) tra cielo terra.
Come Sacerdotessa dell’Amore, ella divenne depositaria dei rituali della Dea, in grado di donare virilità alla controparte solare nella mistica unione degli opposti, conducendo l’anima nelle sfere della gioia più sublime.

 Poiché la gioia ierogamica ha in sé il senso della mor­te, il suo rituale compimento, vivificato dalle potenti energie spirituali, diviene espressione della “morte iniziatica” nella quale l’ani­mo degli amanti, elevato nei sublimi gradi vibrazionali del sa­cro amplesso degli Dèi, si stacca dal proprio “Io materiale” per risorgere in una nuova essenza cosmica che tutto comprende e avvolge. Come il seme muore nella nuda terra per originare una nuova linfa vitale, così gli animi degli amanti, uniti nel talamo nuziale, donano nuova Luce al mondo.
È questo il mito delle “Sacre Nozze”, giunto fino a noi dal tempo degli Dèi e posto all’origine del magico divenire della natura.
Nella terra dei Sumeri, e poi in quella di Egitto, l’accop­piamento sacro costituiva quindi un atto cerimoniale, strettamente connesso ai cicli della natura, volto a garantire la fertilità dei campi, degli animali e delle donne, assicurando così il benes­sere dell’intero popolo.
Per questo la Dea, nella sua qualità di Grande Madre co­smica, Dea Primigenia, veniva celebrata nei Templi anche at­traverso cerimonie di “Prostituzione Sacra” nelle quali le Sa­cerdotesse, provenienti da nobili famiglie, custodivano i sacri rituali della ierogamia.
Alla fine delle celebrazioni, all’interno del Tempio, nel Sancta Sanctorum, avveniva la cerimonia della “Ierogamia”, il “sacro accoppiamento” tra il Re, che rappresentava il Dio, e una Sacerdotessa di alto rango, anch’essa di stirpe nobile, che personificava la Dea dell’amore e della fertilità.
L’accoppiamento sacro aveva lo scopo di assicurare prospe­rità al regno e al popolo, nella consapevolezza iniziatica che le forze soprannaturali potessero intervenire nella vita degli uomini.
Il rituale del sacro accoppiamento assumeva la va­lenza di un’operazione magica nella quale si realizzava l’identi­ficazione degli amanti terreni con i corrispondenti divini.
L’elemento centrale di ogni pratica magica era costituito dalla capacità del Sacerdote di incarnare in sé il potere della divinità, divenendo esso stesso Dio, probabilmente attraverso una progressiva alterazione del proprio stato di coscienza.

Il viaggio iniziatico nella “Camera Nuziale” aveva la valenza di un percorso dell’Io nel Regno dei Morti, poiché la congiun­zione alchemica degli amanti conduceva alla morte dell’essere come entità sessualmente distinta, generando un’unica anima androgina, in grado di risalire nel regno della gioia universale, dove alberga la “Luce Divina”.
La tradizione ierogamica sembra costituire il principio fon­dante dell’antica religione, essendo fonte primaria di ogni cul­to improntato su percorsi iniziatici di evoluzione consapevole della propria essenza animica, ripresi in seguito anche dal cristianesimo gnostico.
 Anche nella resurrezione di Cristo la principale testimone del magico evento fu Maria Maddalena, Principessa e Sacerdotessa di Dan.
Il rapporto privilegiato di Cristo con Maria Maddalena, sembra contenere quindi il messaggio iniziatico degli antichi rituali, potendo considerare reale l’ipotesi che Gesù, nella ve­ste di Re di stirpe davidica, e la Principessa di Magdala, nel ruolo di Myriam, ovvero Sacerdotessa, abbiano vissuto lo spo­salizio sacro nel culto della Dea dell’Amore

Fu così che prese origine fin dall’origine dell’umanità una “Sacra Arte”, dove il mito assunse la valenza evocativa del rito iniziatico che, attraverso un viaggio nelle oscure e dolorose stanze dell’Oltretomba (l’anima oscura del postulante), conduce ad incontrare la sublime Dea degli inferi, per giacere con lei in alchemiche nozze, e quindi risorgere nella nuova Luce di conoscenza.
Il mito, in termini di rito iniziatico, esprime quindi l’innato desiderio dell’uomo di sconfiggere la morte, di acquisire la potenza degli Dèi supremi, quelli immortali, come fonte spi­rituale per l’eternità dell’anima.

Come il fiume Alfeo si perde nella Madre Terra per ritro­vare la sua amata fonte, così questa sacra filosofia ha percorso l’intera storia, custodita nel lavoro segreto di confraternite di uomini liberi e di buoni costumi, alimentandosi man mano con il pensiero di ispirati filosofi che insieme ad altri Maestri hanno custodito e ali­mentato quella fonte nascosta.

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RECENSITO SUL PERIODICO ROSSLYN POST





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