massimo agostini

sabato 18 novembre 2017

Lilith: il lato oscuro della Luna.

tratto dal libro di Massimo Agostini: "Et in Arcadia Ego: i miti dei Popoli del Mare", Tipheret editore.

Lilith: il lato oscuro della Luna. 
Come la luna ha un suo lato oscuro non baciato dal sole, allo stesso modo la Dea dell’antica religione è espressione di una dua­le essenza della sua anima, essendo legata sia al mondo delle te­nebre, sia a quello della luce.
Eva, Innana, Iside, Astarte sono tutte espressioni divine della dualità insita nell’anima dell’universo che si alimenta nel magico equilibrio tra luce e tenebra, bene e male, armonia e caos, amore ed eros.
Ogni mito racconta dell’alchemico connubio tra le prepotenti forze della natura, risolvibili solo nella luce salvifica donata dal magico amplesso degli Dèi.
L’anima degli uomini è immagine di quella degli Dèi e il mito rappresenta la strada da intraprendere. 
Il percorso “realizzativo”, attraverso i tortuosi sentieri iniziatici, richiede, per l’uomo, come per gli Dèi, l’intima fusione delle forze duali dell’anima nell’al­chemico sposalizio celeste.


Nel mitico tempo del Paradiso Terrestre l’anima di Eva trovò la sua controparte duale in Lilith, la prima moglie di Adamo ed espressione dell’anima femminile non sottomessa a quella ma­schile, per questo considerata dalla storia come essere infernale e pericoloso.
R. Hanina disse: non si può dormire soli in casa [in una casa solitaria], e chiunque dorma in una casa da solo è preso da Lilith. (Shabbath 151b).
Ella vaga a notte fonda, vessando i figli degli uomini e spin­gendoli a rendersi impuri (Zohar 19b).
Per gli Ebrei, Lilith è il demone notturno, espressione del potere magico della sessualità femminile capace di sedurre gli uomini nel sonno, operando anche malefici sui bambini, vendi­candosi dell’antico torto di essere stata ripudiata da Adamo per non essersi sottomessa al suo volere.
Lilith, al pari di Adamo, non fu generata, ma creata dal Si­gnore attraverso il suo “sputo” vivificante (anche in questo caso il racconto biblico riecheggia il mito sumero del Dio Enki che generò nella Montagna Sacra le “teste nere” della terra di Sumer impregnando la creta con lo sputo degli Dèi).

Lilith, avendo le stesse prerogative di Adamo, si mostrò da su­bito non sottomessa ai voleri del suo compagno che, non soppor­tando questa indipendenza, la ripudiò. Allora il Signore decise di plasmare una “donna” da una costola estratta da Adamo, al fine di renderla sottomessa all’uomo, essendo carne della sua carne. È così che fu generata la remissiva Eva (Gen. 2: 22-23).
Poiché il magico gioco dell’amore ha in genere il gusto delle conquiste difficili, Adamo, se avesse potuto liberamente scegliere, avrebbe forse preferito sedurre l’intrigante, sensuale e spregiu­dicata Lilith, piuttosto che la remissiva Eva.
Il desiderio di Adamo per Lilith è testimoniato da alcuni sa­cri testi dove si narra che Adamo, dopo essere stato cacciato dal Paradiso, avendo la consapevolezza di una vita non più eterna, la­sciò Eva preferendo la “carnalità insalubre” della seduttrice Lilith con la quale visse centotrent’anni di “dissolutezze”.

      "E Adamo visse cento e trenta anni e generò un figlio a lui somi­gliante (Seth, come Abele, è fratello di Caino), fatto a sua imma­gine, e da ciò segue che prima di quel tempo non avesse generato a sua immagine… quando vide che attraverso di lui la morte era divenuta punizione spese cento e trenta anni in dissolutezze, tagliò i ponti con sua moglie per 130 anni, indossò vestiti di fico per 130 anni".[1]

Secondo un’antica leggenda scritta da un anonimo nel X se­colo d.C., fu Lilith ad abbandonare Adamo non trovando piace­re nel modo in cui lui la possedeva sessualmente, volendo essere lei a comandare ilgioco stando sopra di lui, piuttosto che essere posseduta, stando sotto di lui e fu così che disse: “Non starò sotto di te… Per te è adatto stare solamente sotto, mentre io sono per stare sopra”.[2]



Dopo essere stata ripudiata, Lilith scappò dal Paradiso ma­ledicendo il Signore, rifugiandosi nella terra dei Sumeri, dove divenne l’amante del demone Asmodeo, anche lui Dio della di­struzione, dell’ira e della vendetta, identificato, come tanti altri Dèi degli inferi, con il serpente.
Adamo non si diede mai pace per la perdita della bellissima Lilith e più volte implorò il Signore di ricondurla a lui, ma la sua natura mortale era comunque incompatibile con quella eterna di Lilith, il cui destino era ormai legato per sempre ai demoni.

(...)


5. Il giglio e il serpente: simboli di una sacra stirpe
Lilith nella tradizione iconografica viene raffigurata con un sen­suale corpo nudo, avvolto dalle spire del serpente, evocando il potere insito nella conoscenza (serpente) concessa nel magico connubio tra desiderio e intelletto intuitivo.
Lilith, con il nome di Lilitu (signora dell’aria e della morte) era già presente nel mito sumero come sacra sposa del Dio Enlil (Asmodeo?), alla stregua della Dea Ereshkigal, la “signora degli inferi”, che rappresentava l’anima demoniaca di Innana.
L’anima oscura di Iside è invece rappresentata dalla Dea Ha­tor, ma anche dalla sorella Neftis, incestuosa sposa del Dio Seth.
 Anche nel culto della terra di Canaan l’anima di Astarte aveva la sua controparte demoniaca nella Dea Anat, la focosa amante di Ba’al. Astarte, indicata come Qadesh, la “Santa”, veniva raf­figurata, come tante Dee dell’antica religione, completamente nuda e con gli organi sessuali bene in mostra, tenendo nelle mani il serpente e in alcuni casi anche fiori di giglio.
Come sappiamo, il serpente è sinonimo di conoscenza insita nella madre natura, capace di rigenerarsi attraverso la rinascita e, per questo, fonte di ogni realizzazione.
Ma quello che colpisce in queste raffigurazioni è ritrovare il serpente associato al giglio, quest’ultimo considerato in Occi­dente simbolo di purezza, innocenza e verginità, tanto da rap­presentare la Madonna e alcuni Santi.
Nel caso della Dea cananea dell’amore, il giglio che tiene nella mano non rappresenta però il casto fiore dell’Occidente, ma il giglio rosso, l’anemone carnale della Palestina con l’afrodisiaca essenza del miele e di piccanti spezie d’Oriente, simile al pro­fumo dei corpi degli amanti, impregnati dell’acre e dolciastro miscuglio dei loro sensuali umori.

Il giglio, o fleur de lis, è anche il simbolo della città di Firenze, di tante nobili stirpi e dei Tem­plari, con analogie al sigillo dell’Ordine del Tau, come a volere indicare il legame degli Etruschi alla sacra stirpe del Graal, dando forse ragione alle ipotesi inviatemi dall’accademico toscano sul pisano Ugo Pagano Venuleii, primo Gran Maestro dei Templari.


Il giglio e il serpente insieme completano il simbolismo evo­cativo della Dea nel culto sacerdotale dell’amore iniziatico
Un amore vissuto nella sacralità dell’eros e nell’amplesso che unisce corpo, anima e mente all’universo intero, affinché le energie car­nalmente distinte possano fondersi nell’Uno spirituale indistin­to. Solo nel rispetto di questo cerimoniale dell’antica tradizione potrà scaturire la nuova anima luminosa che, come l’Araba Fe­nice, risplenderà nel nuovo Rex Deus di stirpe divina, risorgendo dalle ceneri dell’Uno, che è al contempo padre e madre.


Non è un caso che il giglio venne assunto nel Medioevo come simbolo araldico da alcune dinastie reali dell’Europa, quale espressione della loro discendenza divina. Come non è certamen­te un caso che tra le prime dinastie medievali a usare il giglio come emblema fu quella Merovingia con il re Clodoveo, ritenuta Sacra Stirpe del Graal.





[1] Lilith nel Talmud: Sebbene i riferimenti talmudici a Lilith siano sporadici, tali passaggi forniscono la miglior immagine del demone trovata finora nella lette­ratura giudaica, che fa riferimento alle origini mesopotamiche di Lilith e prefigura il suo futuro come enigma esegetico della Genesi. Ricordando Lilith abbiamo visto allusioni Talmudiche che la dipingono come dotata di ali e lunghi capelli, andando indietro alla prima citazione in Gilgamesh: «Rab Judah citando Samuele dice: Se un aborto ha somiglianza con Lilith, sua madre è impura a causa della nascita, perché è un bimbo ma ha le ali». (Niddah 24b)
«[Spiegando le maledizioni dell’esser donna] In un Baraitha è insegnato: Le crescono lunghi capelli come a Lilith, siede a bere acqua come le bestie e serve da cuscino a suo marito». (’Erubin 100b)
Più unica del Talmud, in merito a Lilith, è la sua carnalità insalubre, cui si allu­de nella “Seduttrice” ma che è espansa senza metafore vaghe nell’idea del demone che assume forma di donna per abusare sessualmente di uomini durante il loro sonno: «R. Hanina disse: non si può dormire soli in casa [in una casa solitaria], e chiunque dorma in una casa da solo è preso da Lilith». (Shabbath 151b)
Tuttavia la concezione più innovativa di Lilith offerta dal Talmud appare in Erubin, ed è più che probabile che sia responsabile del mito di Lilith per i secoli a venire. http://www.genesibiblica.eu, voce Lilith.
[2] Gershom Scholem, Le grandi correnti della mistica ebraica, Milano, 1965. La prima fonte nella storia che descrive Lilith come la prima moglie di Adamo è L’al­fabeto di Ben-Sira, intitolato a Yeshua ben Sira (II sec. a.C.) ma in realtà di autore anonimo, scritto nel X secolo d.C. (wikipedia.org)


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