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Torino: Chiesa di San Massimo |
A Torino, nel cuore del centro, si incontra la Chiesa di San Massimo. Colpisce subito per la sua struttura imponente e classica: un colonnato austero, una facciata che richiama nella sua solennità quasi un tempio pagano. È un edificio che invita ad entrare, a rallentare, a lasciarsi avvolgere dal silenzio e dalla verticalità dello spazio sacro.
Ed è proprio entrando che si scopre una sorpresa inattesa: nella penombra silenziosa della navata sinistra, due vetrate straordinarie si rivelano alla vista. Una raffigura San Giacomo il Giusto, l’altra Maria Maddalena nel celebre episodio del Noli me tangere. E qualcosa in quel dialogo di luce e vetro parla con forza a chi osserva.
Giacomo il Giusto e la Chiesa di Gerusalemme
Giacomo, detto “il Giusto”, fu capo della comunità cristiana di Gerusalemme. Era ritenuto “fratello del Signore” e rispettato anche tra i giudei per la sua integrità morale. Era profondamente osservante della Torah, e secondo la tradizione predicava regolarmente dal Tempio di Gerusalemme, luogo in cui era stimato anche da chi non condivideva la fede cristiana.
Secondo le fonti antiche (Giuseppe Flavio, Eusebio, Egèsippo), Giacomo non solo conservò la memoria del Gesù terreno, ma fu anche il garante di un cristianesimo che non rinnegava le sue radici ebraiche.
Fu martirizzato intorno al 69 d.C., poco prima della distruzione del Tempio, probabilmente per decisione del sommo sacerdote Anano II, durante un vuoto di potere romano, perché proclamava pubblicamente Gesù come il Messia.
La vetrata a lui dedicata nella chiesa lo mostra in quattro momenti: la chiamata, la predicazione, il martirio per bastonatura, e infine la glorificazione. Questo percorso visivo non solo ne racconta la biografia, ma lo pone come figura centrale di un cristianesimo primitivo radicato nella storia e nella legge, distinto dalla successiva istituzionalizzazione romana.
Da notare che, nella composizione della vetrata, Giacomo è posto al centro, segno visivo della sua importanza.
Alla sua sinistra si intravede il Tempio di Gerusalemme, simbolo della continuità con la fede dei padri, forse anche con il mondo dei farisei.
Alla sua destra, invece, si riconosce ciò che sembra essere Roma, con la figura di San Pietro e altri santi, come a rappresentare una successiva forma di cristianesimo più distante dalle origini ebraiche e più vicina alla struttura ecclesiastica romana.
Questo rafforzerebbe l’interpretazione della vetrata come testimonianza di una via più autentica, quella del Cristo ebreo tramandata da Giacomo.
Maria Maddalena: testimone, apostola, fondatrice
Poco più in là, sulla parete opposta, la vetrata del Noli me tangere presenta Maria Maddalena come l’ultima testimone del Cristo terreno e la prima testimone del Risorto.
Secondo i Vangeli, è lei che riceve l’annuncio più intimo e personale del Risorto.
I Vangeli gnostici, come il Vangelo di Maria, la ritraggono come discepola prediletta, capace di comprendere e trasmettere i misteri più profondi.
La tradizione occidentale, testimoniata dalla Legenda Aurea, vuole che Maddalena sia approdata nel sud della Francia, dove continuò la missione affidatale da Cristo. La sua figura rappresenta un cristianesimo carismatico, spirituale, fondato sull’incontro diretto e non mediato con il Risorto.
Le due genealogie del cristianesimo nella vetrata di San Massimo a Torino
Nella Chiesa di San Massimo a Torino, una grande vetrata non si limita a narrare episodi sacri, ma propone una vera e propria “teologia visiva” delle origini cristiane. Il suo linguaggio simbolico intreccia volti, luoghi e strutture, suggerendo una riflessione profonda sulle radici e le diramazioni della fede.
Al centro della composizione si trova Giacomo il Giusto, “fratello del Signore”, primo vescovo di Gerusalemme e figura ponte tra la tradizione giudaica e il cristianesimo nascente. La scena in basso lo ritrae seduto ai piedi di Gesù, che lo istruisce: è un’immagine fortemente evocativa della trasmissione della Torah e del mandato spirituale. Davanti a loro, un libro aperto mostra due versetti paralleli: “Andate e ammaestrate tutte le genti” e “Predicate il Vangelo ad ogni creatura”, un richiamo alla doppia destinazione del messaggio cristiano: Israele e il mondo.
A sinistra, si sviluppa la genealogia giudaico-messianica:
• In alto, Davide, re d’Israele, fondamento della promessa messianica.
• Poi Maria, madre di Gesù, “cooperatrice del mistero”.
• Giacomo il Minore, identificato con il cugino di Gesù e apostolo.
• Il Tempio di Gerusalemme, simbolo della fede nella Legge, della continuità con l’Antico Testamento.
A destra, si presenta una genealogia familiare e post-apostolica:
• San Simone, fratello di Giacomo il Giusto secondo alcune fonti, secondo vescovo di Gerusalemme.
• San Giuseppe, il giusto dell’Antico Patto, il padre putativo.
• Infine, la Basilica di San Pietro, segno della trasposizione del messaggio a Roma, dell’universalizzazione della Chiesa.
La vetrata, nel suo insieme, mette in dialogo queste due vie:
• Quella storica e cultuale, legata al Tempio e alla Torah.
• Quella istituzionale e missionaria, culminata nella Chiesa romana.
Giacomo il Giusto, al centro, non è solo una figura biografica ma teologica: è il punto di equilibrio tra memoria e apertura, tra la fedeltà alle radici e la necessità di andare oltre.
Due vie, un Verbo
Queste due vetrate, poste in dialogo visivo e teologico, rappresentano le due anime originarie del cristianesimo: da un lato quella storica, radicata nell’ebraismo e incarnata in Giacomo; dall’altro quella mistica e missionaria, incarnata in Maria Maddalena. Non contrapposizione, ma complementarietà: due risposte in diverse alla stessa Presenza.
La Chiesa di San Massimo, ospitando queste due narrazioni, diventa così un luogo simbolico di memoria e di riconciliazione tra le vie dimenticate del cristianesimo primitivo. Una memoria che oggi torna visibile attraverso il vetro, la luce e la storia.
Questa vetrata, con le sue luci e i suoi simboli, ci invita dunque a riscoprire la pluralità delle origini cristiane, troppo spesso semplificata. Una pluralità che non divide, ma arricchisce, e che proprio a Torino, nella chiesa che porta il nome del suo primo vescovo, torna a parlarsi in silenzio, attraverso il vetro e la luce.